La crisi finanziaria bussa con forza alle porte di Nissan. La casa automobilistica giapponese infatti, in difficoltà a causa di un crescente indebitamento e di una drastica riduzione della liquidità operativa, ha messo in campo un imponente piano di rifinanziamento. Si parla di una cifra più che considerevole. Ovvero oltre 7 miliardi di dollari che dovranno arrivare tramite un mix di operazioni. Prestiti bancari, emissione di obbligazioni e cessioni di asset strategici sono gli strumenti scelti per tamponare l’emergenza.
Nissan: ristrutturazione forzata, tagli, chiusure e nuovi scenari
Il cuore dell’operazione è rappresentato da bond convertibili per un valore complessivo di 630 miliardi di yen. A questi si affiancheranno titoli ad alto rendimento, sia in dollari che in euro, pensati per attrarre investitori internazionali disposti ad assumersi maggiori rischi. In contemporanea, Nissan ha richiesto un prestito da un miliardo di sterline al governo britannico, garantito dalla U.K. Export Finance. Il motivo? Mantenere viva la produzione nello stabilimento di Sunderland, il più grande del gruppo fuori dal Giappone, oggi considerato strategico per la sopravvivenza europea dell’azienda.
Ma la strategia della casa automobilistica non si limita all’indebitamento. La nuova dirigenza, sotto la guida del CEO Ivan Espinosa, sta valutando di vendere diversi asset. Tra questi vi sono le partecipazioni in Renault, quelle nel produttore di batterie AESC Group, e alcuni stabilimenti produttivi collocati in Messico e Sud Africa. Vi è poi anche l’ipotesi di vendere la sede centrale di Yokohama, utilizzando formule di “sale and lease back” per ottenere liquidità senza perdere completamente il controllo degli immobili. Ciò insieme ad alcuni edifici negli Stati Uniti rientrano nella stessa logica.
Se le attuali tariffe doganali imposte dagli Stati Uniti dovessero restare in vigore, Nissan prevede perdite operative fino a 450 miliardi di yen. Una cifra che rappresenterebbe il peggior risultato della sua storia. La riduzione sarebbe parziale anche in caso di rimozione dei dazi, poiché le stime restano comunque attorno ai 300 miliardi di yen. Per contenere i costi così, l’azienda ha già annunciato un piano preciso, ovvero la chiusura di sette impianti entro il 2028 e il taglio di circa 20.000 posti di lavoro nel mondo. Le riserve attuali ammontano a 2,2 trilioni di yen, mentre altre linee di credito per 2,1 trilioni restano inutilizzate. Insomma è chiaro che Nissan dovrà agire rapidamente per evitare una crisi ancora più profonda.