Siamo abituati a pensare che più dati uguale più intelligenza, giusto? Beh, un gruppo di ricercatori della Northeastern University ha deciso di sfidare questa convinzione. E, spoiler: sembra che abbiano ragione.
Un algoritmo che rende i robot più intelligenti senza sovraccaricarli di dati
Tutto ruota attorno a un algoritmo dal nome lunghissimo (DFLIOM, per gli amici), che aiuta i robot mobili a muoversi nello spazio senza perdersi e, soprattutto, senza consumare una montagna di memoria. Perché diciamocelo: per un robot che deve gironzolare per le strade a consegnare pacchi o monitorare ambienti, è un bel problema dover gestire 20 gigabyte di dati solo per capire dove si trova.
L’idea brillante del dottorando Zihao Dong e del professor Michael Everett è semplice quanto efficace: perché analizzare tutto, quando basta concentrarsi solo sui dati davvero utili? Così, invece di far macinare al robot ogni singolo dettaglio raccolto dal sensore lidar e dall’unità di misura inerziale (IMU), DFLIOM filtra e sceglie solo i “punti forti”, quelli che servono davvero per orientarsi. Risultato? Consumi ridotti, memoria salvata, e robot molto più efficienti. Parliamo di un risparmio di risorse che può arrivare al 57%. Non male, considerando che non stiamo parlando di un supercomputer, ma di dispositivi piccoli e leggeri.
Per provare che la cosa funziona davvero, i ricercatori hanno fatto fare un po’ di jogging all’Agile X Scout Mini, un robottino super compatto dotato di sensori e cervello (Intel, ovviamente). Hanno testato il tutto in vari angoli del campus, tra cui Centennial Common e Egan Crossing. E la mappa creata? Precisa, veloce e leggera.
La parte ancora più interessante? Hanno messo tutto su GitHub. Quindi, chiunque stia sviluppando un robot può provare questo approccio e magari adattarlo a nuove situazioni. Perché il messaggio che arriva da questo lavoro è chiaro: non serve vedere tutto per capirci qualcosa. A volte, basta osservare bene i dettagli giusti. E in un mondo pieno di rumore e dati infiniti, è una lezione che forse dovremmo applicare anche noi umani.