facebook-instragram-donw-motivo-hackeIl mirino Facebook ha nel fuoco i dati personali degli utenti che di recente hanno giudicato poco rispettosa la nuova policy sul trattamento delle info sensibili su WhatsApp. Ma il colosso di Zuckerberg non sembra essere il solo ed unico a trarre vantaggio dagli schermi pubblicitari e di indagine sugli utenti del web. Nel calderone degli irriverenti c’è anche Google.

In virtù di una sempre più crescente preoccupazione nel senso dei dati privati gli studiosi hanno concepito una nuova app gratuita che può dirci cosa effettivamente sanno di noi le rispettive aziende. Si trova sia su Play Store che su App Store e sta riscuotendo un enorme successo. Scopriamo Rita.

 

Rita scardina i sotterfugi di Facebook e Google, ecco cosa hanno conservato su di noi

Rita è un progetto che nasce per opera degli studenti di business  Guglielmo Schenardi e John Arts. Nelle sue intenzioni c’è lo scopo di fornire ragguagli in merito ai dati sensibili in mano a Facebook e Google.

«Ci siamo conosciuti frequentando un corso di Legge digitale all’Escp Business School. Per avviare il progetto all’inizio abbiamo deciso di affidarci a dei freelence, ma da settembre abbiamo creato un vero team di 9 persone sparse in tutto il mondo- racconta Schenardi, 22enne che oggi frequenta il China MiM Bocconi-Fudan – John è di Anversa, abbiamo poi uno sviluppatore in Brasile, uno in Kazakistan e un ragazzo lituano che vive a Genova. La designer croata risiede in Germania, mentre un nostro compagno di università ci aiuta con la parte business da New York. Siamo tutti poco più che ventenni ma con alcuni anni di esperienze lavorative alle spalle».

Grazie a questa nuova soluzione gli utenti possono effettivamente scoprire quali dati sono in mano ai Big dell’industria Tech. Ma non si limita a questo. Infatti può essere usata anche per chiedere ad una determinata azienda di cancellare i dati raccolti sulla base dei diritti sanciti dal Codice della Privacy.

«Pensiamo di inserire un abbonamento mensile, dove però sarà lo stesso utente a decidere quanto pagare in base a quanto ritiene utile il servizio».

La piattaforma offre poi un privacy score attraverso cui ottenere il resoconto dello stato di privacy sulla base di quanto archiviato sui server di rete dalle rispettive aziende.

«Google ci dice quante pubblicità un utente ha selezionato: a quel punto moltiplichiamo il dato per il costo medio per click e otteniamo una stima che in realtà è molto bassa. Ma si tratta solo di un punto di partenza per arrivare a una misurazione più complessa in futuro».

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