L’ultimo rapporto di Agcs, ossia l’Allianz Global Corporate & Specialty, ha analizzato attraverso uno studio puntale e continuativo l’impatto dell’emergenza Covid nel settore alimentare, ed in particolare l’effetto delle norme igienico-sanitarie sulla distribuzione di prodotti e generi alimentari.

Di fatto, in questo periodo si sono rivelati più frequenti i richiami per ragioni di sicurezza. D’altra parte, non si può fare un discorso univoco, perché la materia è complessa e multisfaccettata e per rendere giustizia a questo rapporto, nel valutare l’impatto del Coronavirus in questo campo, bisognerebbe considerare almeno due aspetti differenti.

Coronavirus, quanto ha influito sul richiamo di prodotti alimentari?

Anzitutto, una considerazione di base è d’obbligo: i rinnovati standard igienici imposti alle aziende produttrici hanno determinato una sensibile decrescita del rischio di contaminazioni rispetto al passato (che rappresenta una delle motivazioni più frequenti a giustificare un richiamo).

In secondo luogo, però, bisognerebbe tener presente che la chiusura forzata delle aziende, con ripristino delle attività a mesi di distanza, potrebbe aver portato un minor numero di controlli e di ispezioni, oltre a comportare un possibile aumento di catene di fornitura irregolari.

Sarà il tempo a determinare quale dei due effetti sarà più forte. In linea di massima, però, le aziende devono stare ben attente, perché il richiamo di un prodotto del proprio marchio rischia di costare molto più che il continuo adeguamento della filiera alle norme igienico-sanitarie imposte.

Tra danno d’immagine, mancato introito per le vendite non effettuate, investimenti per recuperare credibilità attraverso una maggiore pubblicità sulle TV e sui social, insieme ad altri costi da sopportare, un richiamo può arrivare a costare ad un’azienda circa 10 milioni di dollari per prodotto.

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