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Uber e Airbus insieme per elicotteri a noleggio

Uber alla conquista dei cieli. Dopo aver creato non poco scompiglio con i tassisti, che ritengono sleale il tipo di noleggio offerto dall’azienda, ora arriva l’accordo con Airbus per il noleggio degli elicotteri.

Per molti, ma non per tutti. Così recitava una vecchia pubblicità e sembra lo slogan giusto per la nuova iniziativa di Uber. Prima start up e ora azienda a pieno titolo grazie al successo della sua omonima applicazione che consente il noleggio di un auto tramite smartphone. Almeno fino ad ora. Infatti, l’intenzione dell’azienda californiana è quella di estendere lo stesso concetto per il noleggio via terra anche a quello via aria.

Il progetto sarà lanciato al Sundance Film Festival nello Utah il prossimo week end. A dirlo è l’amministratore delegato Tom Enders che in una intervista rilasciata al Wall Street Journal ha dichiarato: “È un progetto pilota, staremo a vedere come andrà, ma è abbastanza eccitante”.

Per Uber non è la prima volta. La società ha già testato il servizio di noleggio nel 2013 da Manhattan agli Hamptons e giri in elicottero per eventi speciali, come quello del Festival di Cannes a maggio o il Bonnaroo Music and Arts Festival nel mese di giugno.

Nonostante le polemiche sulla liceità del servizio offerto da Uber, in alcuni Paesi europei è illegale, l’azienda nata nel 2009 è una realtà economica affermata e lo conferma la presenza, al World Economic Forum di Davos in Svizzera, del top manager di Uber. Tra gli invitati manager e politici oltre che di colossi come Google, Facebook e Alibaba, tema del forum i cambiamenti tecnologici.

Quello del noleggio degli elicotteri non è solo una iniziativa di Uber, ma anche dell’azienda aeronautica che è sempre in cerca di modi per proporre i propri elicotteri. Nel 2014 c’è stato un crollo nelle vendite degli elicotteri e questa collaborazione con Uber è un buon modo per risanare i bilanci in vista delle sfide che attendono Airbus per quanto riguarda lo spazio con nuovi concorrenti come Elon Musk, Google e Facebook.

FONTEWall Street Journal
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