Pelle robot? Arriva il primo prototipo che si autoripara

C'è un prototipo di pelle robotica in grado di ripararsi da sola. Come funziona? Scopriamo i dettagli emersi su tale tecnologia.

pelle

Nel panorama in continua evoluzione della robotica, è stata presentata un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il modo in cui concepiamo i materiali artificiali. Tale novità è stata presentata da un gruppo di ricercatori dell’Università del Nebraska–Lincoln. Quest’ultimi coordinati dal professore Eric Markvicka hanno progettato un muscolo artificiale capace di autoripararsi. Per realizzare tale innovazione si sono ispirati al comportamento rigenerativo della pelle umana. Il progetto è stato presentato con grande successo alla conferenza IEEE International Conference on Robotics and Automation ad Atlanta. Distinguendosi tra oltre 1.600 proposte e classificandosi tra i 39 migliori studi selezionati.

Presentato un muscolo in grado di rigenerarsi come la pelle umana

Tale tecnologia affronta uno dei principali limiti della robotica morbida e dei materiali biomimetici. Ovvero la difficoltà di combinare flessibilità e resistenza ai danni. La sfida era creare un materiale non solo capace di muoversi e adattarsi, ma anche di guarire autonomamente in caso di lesioni. La soluzione è un sofisticato sistema composto da tre strati funzionali. Un primo strato di “pelle elettronica” in silicone contenente microgocce di metallo liquido che rilevano i danni. Un secondo strato centrale di elastomero termoplastico che agisce da tessuto autoriparante. Infine, è presente uno strato superiore che consente il movimento mediante l’iniezione controllata di acqua.

Quando il muscolo subisce una lesione, la pelle elettronica rileva il danno in tempo reale. Un sistema interno attiva un riscaldamento localizzato nella zona colpita attraverso un fenomeno chiamato effetto Joule. Qui l’energia elettrica viene convertita in calore, sciogliendo temporaneamente l’elastomero e permettendo al materiale di “salvarsi” da solo tramite saldatura interna. Una volta completata la riparazione, entra in gioco un ulteriore passaggio innovativo: l’elettromigrazione. Tale meccanismo, spesso visto come un difetto nei circuiti, viene qui impiegato per eliminare la traccia elettrica del danno. Riportando il materiale al suo stato originario e rendendolo pronto a un nuovo ciclo di utilizzo.

Le prospettive applicative di tale tecnologia robotica sono ampie e concrete. Inoltre, la maggiore durata di vita dei materiali contribuirebbe a ridurre la produzione di rifiuti elettronici. Con effetti positivi sull’ambiente. Secondo Markvicka, tale progetto segna un importante passo avanti. L’obiettivo è creare sistemi artificiali che non solo imitino il comportamento umano, ma che possano anche reagire, ripararsi e adattarsi come farebbe un organismo vivente.

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