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La crisi dei chip ha di fatto bloccato la produzione del settore automotive a causa della mancanza di componenti fondamentali per assemblare i sistemi di controllo delle vetture. Anche il mondo mobile ha subito gravi ritardi e alcuni brand hanno dovuto bloccare le linee produttive.

Secondo le stime iniziali, la carenza dei semiconduttori potrebbe far sentire i propri effetti almeno per un paio d’anni. Tuttavia, bisogna considerare che la pandemia è ancora in corso e quindi potrebbe causare nuovi danni alla supply chain globale.

Infatti, in Asia stanno scoppiando dei nuovi focolai di COVID-19 che causano una particolare preoccupazione sia sanitaria che economica. Secondo quanto riportato dal “The Wall Street Journal” a Taiwan si contano oltre duecento casi al giorno di persone affette da Coronavirus.

 

I nuovi focolai di Coronavirus stanno aggravando la crisi dei chip

Secondo quanto dichiarato dal Central Epidemic Command Center di Taiwan, il numero di persone coinvolte è passato da essere ad una cifra ad arrivare ad un numero con tre cifre.

Ovviamente il livello di allerta nel Paese è molto altro e si sta lavorando per evitare un nuovo lockdown. Tuttavia, l’isolamento delle persone infette e di coloro che sono entrati in contatto con questi individui è fondamentale. Ecco quindi che la King Yuan Electronics Co., la principale azienda produttrice di chip dell’isola si trova a corto di personale

Più di 200 impiegati sono risultati positivi ai test e altri 2000 sono in quarantena. Questo significa che la produzione dei semiconduttori procede a rilento, aggravando la crisi dei chip. Anche in Malesia la pandemia ha costretto i lavoratori a restare a casa. La produzione di chip è calata del 40%.

D’altro canto, alcuni portavoce di TSMC, hanno confermato che l’azienda sta lavorando a pieno regime senza intoppi. Ricordiamo che si tratta del principale produttore del settore che collabora con brand del calibro di Apple e Qualcomm

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