Uno dei provvedimenti maggiormente discussi e avversati durante questi ultimi mesi sta tornando nel dibattito politico ed economico: si tratta della tassa patrimoniale.

E’ improprio chiamarla in questo modo, in realtà, perché non ne esiste una di un solo tipo, ma già attualmente in Italia diverse patrimoniali gravano sui cittadini – soprattutto i più abbienti – per consentire un’adeguata redistribuzione della ricchezza. Sono ben 17 le patrimoniali in vigore nel nostro Paese, e tra queste è giusto ricordarne un paio: l’IMU sulle seconde case e l’imposta di bollo sui conti correnti.

A fronte della coesistenza di così tante patrimoniali, cui si aggiungono l’Irpef da riformare e l’Irap da eliminare, Confindustria ha avanzato la propria proposta per attuare delle modifiche su queste tasse. Partendo dal fondamentale presupposto di non aumentare ulteriormente il carico fiscale.

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A presentare questa serie di riforme ci ha pensato Emanuele Orsini, vicepresidente per il credito, la finanza e il fisco. Durante un’audizione alla Camera ha presentato un piano di riforma del sistema a 360°, che andasse a rivedere pesantemente tutte le imposte di questo genere attualmente in vigore.

Importante passaggio anche per limitare l’evasione fiscale, che secondo i dati avrebbe raggiunto nel 2018 il 2,8% nell’ambito del lavoro dipendente e il 67% nei redditi da lavoro autonomo e di impresa – arrivando a ben 32,7 miliardi di euro persi ogni anno – il tutto nell’ambito Irpef.

In aggiunta, secondo Orsini, bisognerebbe modificare la scala di progressività dell’Irpef per andare a pesare meno sui soggetti con reddito medio.

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