ChernobylDopo aver inviato alcuni droni su Chernobyl gli scienziati hanno palesato lo scenario della Foresta Rossa e di uno stato di devastazione e biologica senza precedenti. Sembra non ci sia vita nell’intorno del confine ucraino-bielorusso dove, in quella notte del 26 Aprile 1986, si verificò la catastrofe.

Il nocciolo del Reattore 4, ora cementificato ed isolato dal mondo esterno, è imploso rilasciando nell’aria un’ingente quantità di materiale tossico. Le radiazioni Chernobyl sono state fuori controllo per anni portandosi anche nelle immediate vicinanze del Centro Europa dove coltri di agenti chimici sono piovuti su Germania, Italia e Francia.

Ad oggi il dato sull’incidenza radioattiva della città in Europa è dell’1% per un pericolo quasi inesistente di contaminazione da agenti deleteri. Ma secondo gli scienziati pare che l’opera di contenimento dell’area non sia la responsabile della vivibilità di parte del pianeta. Ciò che è stato pubblicato sul New Scientist dice altro. Ecco le ultime novità dalla città radioattiva.

 

Chernobyl: mondo salvo per miracolo, non immaginereste mai di chi è il merito

Il merito del basso livello di radiazioni in partenza dalla centrale nucleare di Chernobyl si deve ad un fungo cresciuto spontaneamente nell’area radioattiva. Gli studiosi lo hanno classificato come Cladosporium sphaerospermum, un microsistema biologico avente proprietà uniche in natura. In grado di generarsi e replicarsi in modo autonomo può assorbire le radiazioni con una velocità sconcertante. Secondo recenti stime pare ne bastino quantità minime in tempi brevi per eliminare l’attività radiomagnetica ionizzante sviluppata da Marte in un intero anno.

La valutazione precedente ha portato gli scienziati a pensare alla futura colonizzazione del Pianeta Rosso con Clay Wang, dell’Università della California del Sud, che conferma:

“I progressi nell’uso dei poteri dei funghi per scopi medicinali sono stati graduali, ma sono stati potenziati negli ultimi anni da uno studio in corso che ne ha visto inviare campioni nello spazio. Coltivandolo nella Stazione Spaziale Internazionale, dove il livello di radiazione è aumentato rispetto a quello sulla Terra”.

FONTEilfattoquotidiano
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