Coronavirus: come procede la situazione delle terapie intensive in Italia?

I casi di Coronavirus tornano a crescere e le persone, noncuranti, continuano a non rispettare le regole di sicurezza stabilite dal Governo. A tal proposito i medici di base hanno deciso di lanciare un appello: “E’ giunto il momento che i cittadini considerino la necessità di un autolockdown per limitare al massimo il rischio di contagio a fronte dei numeri in preoccupante crescita”. 
Dunque il problema si focalizza sui 3.000 posti, per i quali il governo ha stanziato i fondi, e che sono ancora da realizzare, oppure sulla quantità enorme di ventilatori spariti.

Il primo a lanciare il sasso in merito è il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia che ha chiesto spiegazioni in merito alla situazione di centinaia di ventilatori messi a disposizione che avrebbero dovuto consentire di trasformare in tempo reale posti di terapia subintensiva in intensiva. “Massima disponibilità e massima trasparenza, chi ha bisogno di aiuto lo dica. In questi mesi sono stati distribuiti ventilatori polmonari ovunque, così come confermato dal commissario straordinario Domenico Arcuri: il problema è dove sono finiti i ventilatori, attendiamo risposte in tempo reale dalle regioni” ha dichiarato egli.

 

Coronavirus: il parere del ministro per gli affari regionali Francesco Boccia

Boccia prende come esempio la Campania: “Prima del Coronavirus aveva 335 posti letto di terapia intensiva. Il governo attraverso Arcuri ha inviato 231 ventilatori per le terapie intensive e 167 per le sub intensive. Oggi risultano attivati 433 posti, devono essere 566″. E ancora: “In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Prima del Covid le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive. Chiederei alle Regioni di attivarle. Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori”, ha aggiunto.

Per non parlare dei medici rianimatori, i quali sono in netta minoranza. “A fronte dell’aumento dei posti letto di terapia intensiva manca ad oggi un aumento in egual misura del numero degli anestesisti, venendo a minare il rapporto tra personale anestesista e posto letto”, ha ammesso Americo Ciocchetti, coordinatore del report settimanale dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica, campus di Roma.

Diverso il monitoraggio del ministero della Salute e Iss che dà invece il dato delle Regioni con un rischio definito alto per la tenuta delle terapie intensive: si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta.

 

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