Google Pixel e la modalità ritratto

I Google Pixel sono tra i migliori smartphone per scattare foto e registrare video. Non lo diciamo noi ma le classiche e soprattutto gli esperti di dxomark che per esempio hanno attributo a Pixel 2 un punteggio di 98 su 100 per il suo comparto multimediale. Uno dei punti di forza delle fotocamere dei Pixel è la modalità ritratto.

LEGGI ANCHE: A sorpresa Huawei P20 Lite è ufficialmente in vendita in Italia a 369 euro

Questa modalità ritratto offre la possibilità di sfocare lo sfondo mettendo in risalto il soggetto inquadrato anche in presenza di un solo sensore. È l’effetto bokeh che va tanto di moda tra gli smartphone più moderni che però per realizzarlo hanno bisogno di una doppia fotocamera posteriore con un sensore che lavora solo sulla profondità di campo.

Questo non accade sugli smartphone di Google che attraverso tutta una serie di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale riescono a riconoscere lo sfondo ed annullarlo dalla scena. È proprio questa funzione che i numeri uno di Big G hanno scelto di rendere disponibile per tutti. Come? Rilasciando in maniera del tutto open source il codice dietro questa tecnologia.

La modalità ritratto dei Google Pixel adesso è open source e disponibile per tutti

Lo ha fatto sapere Google qualche giorno fa con un brevissimo articolo pubblicato sul sito Google Research Blog spiegando nel dettaglio anche come funziona la modalità ritratto. Il suo sistema è denominato segmentazione semantica dell’immagine e, attraverso l’intelligenza artificiale, contrassegna ogni pixel di un’immagine con un’etichetta.

Questa etichetta serve da descrizione in modo che il processore possa riconoscere gli elementi che costituiscono lo sfondo e quelli che costituiscono invece il soggetto. Tutto questo si basa su un’architettura di rete neurale che ha raggiunto livelli di precisione altissimi tanto da superare i sistemi visivi di riconoscimento degli elementi.

Un lavoro che ha impegnato Google nell’ottimizzazione degli algoritmi, nel potenziamento dei suo dataset e soprattutto nell’investimento di maggiori risorse hardware. È proprio per questo grandissimo risultato raggiunto che l’azienda di Mountain View ha scelto di rendere completamente open source il suo DeepLab-v3+ realizzato in TensorFlow.

Una mossa di rilievo che nasce con l’intento di spingere sviluppatori e produttori a migliorare ulteriormente il sistema e renderlo disponibile su quanti più dispositivi dando vita ad un vero e proprio ecosistema.

Google Pixel e la modalità ritratto

Articolo precedenteWhatsApp, le risposte automatiche sono realtà: come utilizzare la rivoluzionaria funzione
Articolo successivo3 Italia offre oltre 80GB in 4G a tutti gli utenti, i dettagli di un’offerta mai vista