La macchina fiscale da quest’anno torna a lavorare a ritmo incessante grazie all’implementazione di un nuovo algoritmo, l’Evasometro.

Il nuovo strumento del Fisco andrà a colmare il vuoto lasciato dal precedente Redditometro, andato ormai in pensione definitivamente dopo l’approvazione del Decreto Dignità, nel dicembre 2020, ma soprattutto perché ritenuto inadeguato a valutare correttamente la situazione economica dei contribuenti.

Il precedente algoritmo, infatti, andava a verificare la corrispondenza tra redditi dichiarati ed acquisti di valore effettuati, come ad esempio immobili, automobili o altri tipi di mezzi di trasporto, così come diversi generi di beni molto costosi. Laddove fossero state individuate delle discrepanze, sarebbero scattati controlli più approfonditi.

Ora questo meccanismo sarà assorbito dal nuovo Evasometro, che però evidenzia una sostanziale differenza: d’ora in poi la valutazione sarà fatta tra redditi dichiarati e depositi di denaro, in qualunque forma.

Fisco, il nuovo strumento andrà a stanare l’evasione: tremano i contribuenti in difetto

In realtà, non si può dire che questo strumento sia totalmente nuovo. Si tratta infatti di un algoritmo in progettazione già dal Governo Monti, ma che soltanto ora è stato perfezionato a tal punto da poterlo applicare.

Come detto, la differenza sostanziale rispetto al precedente consisterà nel termine di paragone. D’ora in poi, infatti, si considererà che i redditi dichiarati siano congruenti alla somma dei depositi di denaro a carico del contribuente o del nucleo familiare, di qualsiasi natura essi siano.

Si andranno a vedere i fondi di risparmio, i libretti, i depositi sui conti correnti. Qualunque forma di detenzione di denaro sarà recepita, e soprattutto laddove risulti una discrepanza superiore al 20%, partiranno controlli più approfonditi in cui sarà lo stesso contribuente a dover fornire, documenti alla mano, delle spiegazioni in merito.

I controlli inizieranno a partire dall’anno d’imposta 2014, perché è il primo di cui si abbiano i dati incrociati provenienti dalle banche, dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate.

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