I media sociali – o più comunemente, i social network – sono strumenti, e in quanto tali, non sono né buoni, né cattivi. Ciò dipende, piuttosto, dall’utilizzo che se ne fa. Si tratta di piattaforme, tra l’altro, attraverso i quali gli individui rappresentano la propria identità tramite un lavoro di continua costruzione: utilizzando una pluralità di strumenti che gli stessi media sociali mettono a disposizione dei propri utenti, questi ultimi sono in grado di esercitare un elevato livello di controllo sull’incessante processo di costruzione identitaria.

Creare un profilo su un determinato social, impostare la foto che lo caratterizza, aderire ad un particolare gruppo, condividere immagini, video, o più in generale contenuti, scegliere le persone che andranno poi a costituire la cerchia d’amicizie, sono queste tutte modalità attraverso le quali gli utenti scelgono di presentarsi e rappresentarsi in pubblico. In altri casi, però, i media sociali fungono anche – purtroppo – come spazio in cui esprimere, ricorrendo all’anonimato, lati della propria identità che sono socialmente inaccettabili o censurati. Ed è questo un fenomeno molto diffuso anche su Instagram: il social network, infatti, viene sempre più spesso utilizzato dagli adolescenti per diffondere immagini e messaggi favorevoli ai disordini alimentari (tra cui è soprattutto il tema dell’anoressia a trovare ampio spazio), all’autolesionismo e al suicidio.

Instagram: sui temi del suicidio e dell’autolesionismo c’è ancora molto da fare

Contro i contenuti che potrebbero incitare all’autolesionismo e al suicidio non abbiamo fatto ancora abbastanza“, ammette Adam Mosseri, il Ceo di Instagram, in un intervento sul Telegraph, citando poi il caso di Molly Russell, una quattordicenne britannica che si è tolta la vita due anni fa e che proprio si Instagram seguiva account in cui venivano condivise immagini e messaggi che incitavano all’autolesionismo e al suicidio.

Il social network, in realtà, già vieta la pubblicazione di contenuti sensibili, ma evidentemente le misure adottate finora non si sono rivelate essere poi chissà quanto efficienti, dal momento in cui tali contenuti continuano ad essere largamente diffusi e fruiti da milioni di adolescenti in tutto il mondo. In effetti, questo fenomeno è riuscito a resistere ad ogni tentativo di censura ed oscuramento proprio perché gli utenti che diffondono contenuti sensibili usano una quantità infinita di hashtag che tendono a cambiare spesso al fine di evitare che poi tali contenuti vengano bloccati perché contenenti un hashtag improprio.

Adam Mosseri ha anche comunicato che il team di Instagram avrebbe cominciato a rivisitare le politiche adottate per proteggere gli individui più vulnerabili, ed ha pertanto annunciato che verranno presto introdotti nuovi strumenti che impediranno la pubblicazione di contenuti sensibili.

 

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