Ologrammi, la verità nascosta dietro ai concerti di Michael Jackson

Gli ologrammi sono immagini tridimensionali che appaiono come se fossero reali ma che in realtà sono create su una superficie bidimensionale. Sono stati inventati negli anni ’40 del Novecento da Dennis Gabor, uno scienziato ungherese che vinse il premio Nobel per la sua invenzione nel 1971.

Ologrammi: come vengono realizzati?

Gli ologrammi sono creati con l‘interferenza di due fasci laser e hanno la capacità di fornire una visione stereoscopica, ovvero la percezione della profondità. Inoltre, sono dotati di parallasse di movimento, ovvero quando si muove il proprio sguardo gli oggetti in primo piano sembrano spostarsi più velocemente di quelli in secondo piano. Il loro funzionamento consiste nel dividere un raggio laser in due tramite una superficie specchiata parzialmente argentata, entrambe le parti passano attraverso delle lenti per espandersi e una parte viene chiamata raggio di riferimento, l’altra è l’immagine da riprodurre.

Gli ologrammi hanno vari scopi, nonché la sicurezza per documenti ufficiali, la medicina, l’arte e l’intrattenimento. Non a caso sono stati utilizzati per creare immagini tridimensionali di organi interni durante la chirurgia, o per creare effetti visivi mozzafiato in concerti e spettacoli di musica. Ma non solo, perché sono serviti anche per creare effetti speciali in film e programmi televisivi, per modelli tridimensionali di oggetti fini alla progettazione e la produzione e infine per creare display visivi di dispositivi mobili, come smartphone e tablet.

Gli ologrammi sono stati utilizzati nel tempo da cantanti che non ci sono più come Whitney Huston o anche Michael Jackson, riscontrando un enorme successo. In questo caso si tratta di un’illusione ottica nota come Pepper’s Ghost. La tecnica consiste nell’utilizzo di un proiettore che proietta un video ricostruito digitalmente su uno schermo riflettente posto sul pavimento. La luce si rifrange poi su una superficie trasparente inclinata di 45° presente sul palco, creando l’effetto di un’immagine bidimensionale dell’artista.

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