Se ancora non ne siete a conoscenza, il colosso Apple è recentemente finita nell’occhio del ciclone per la questione dei dati di analisi inviati ai server a prescindere dal consenso degli utenti, dati che peraltro non sarebbero poi così anonimi.

Stessa cosa è capitata al colosso di Mountain View Google nel lontano 2010. L’accusa è che il colosso avrebbe condiviso con inserzionisti e fornitori le query sottoposte dagli utenti al motore di ricerca traendone un guadagno illecito. Entrambi faticano a raggiungere un accordo. Ecco i dettagli.

 

Google ed Apple faticano a raggiungere l’accordo sulla privacy

Apple ha in ballo una class action incentrata quasi interamente sulle scoperte dello sviluppatore Mysk che a novembre ha innescato il caso, e cita slogan pubblicitari del passato in cui la Mela pubblicizzava l’attenzione alla privacy dei suoi smartphone: “Quel che succede nel tuo iPhone, rimane nel tuo iPhone”. In più il colosso non ha informato gli utenti del fatto che continuava a tener traccia dei loro dati ignorando la negazione del consenso degli stessi.

Google invece avrebbe proposto di chiudere la causa pendente dal 2010 con una transazione di 23 milioni di dollari. Secondo l’accusa, i partner in affari di Google avrebbero pure pagato cifre extra per saperne di più sui fattori che influenzano l’utente a far clic su un risultato piuttosto che un altro. Il gigante della ricerca avrebbe violato lo Stored Communications Act che regola l’accesso ai dati archiviati dai provider.

Google avrebbe cercato di chiudere la pendenza nel 2013 con un risarcimento di 8,5 milioni di dollari, ma non se ne fece nulla. Adesso il valore della proposta è triplicato, spetterà al tribunale approvare o meno l’accordo. Ovviamente noi vi terremo informati su qualsiasi novità.

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