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Facebook e Snapchat denunciate per il suicidio di una ragazza

Una madre, in Connecticut, ha citato in giudizio Meta, ex Facebook, e Snapchat per aver presumibilmente innescato il suicidio della figlia di 11 anni a causa di una “dipendenza estrema” dai social media.

Tammy Rodriguez sostiene che le piattaforme come Facebook e Snapchat siano da ritenere le principali responsabili per la morte di sua figlia, Selena. La causa per omicidio colposo, presentata presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti di San Francisco, afferma che Meta e Snapchat sono negligenti e pericolosi.

La signora Rodriguez sostiene che sua figlia Selena abbia riscontrato “gravi danni alla sua salute mentale, che hanno portato anche a vere e proprie lesioni fisiche”. Tutto a causa dell’utilizzo costante dei social. La famiglia sostiene che le due società non forniscono strumenti adeguati per evitare i contenuti che creano dipendenza o che portano i più giovani a ritrovarsi in situazioni pericolose.

Facebook e Snapchat accusate dalla madre di una ragazza di 11 anni per aver innescato il suicidio della figlia

“Stiamo facendo causa all’algoritmo di queste piattaforme che crea dipendenza soprattutto nei più piccoli”, spiega l’avvocato Matthew Bergman, fondatore del Social Media Victims Law Center (SMVLC). I documenti del tribunale affermano che prima della sua morte, Selena aveva lottato per due anni contro la sua dipendenza da Instagram e Snapchat. Ricoverata anche in ospedale per cure psichiatriche di emergenza a causa della depressione e della bassa autostima fortemente accentuate dall’uso dei social.

La causa afferma anche che Selena su queste piattaforme sia stata spesso sollecitata da utenti più adulti ad inviare contenuti a sfondo sessuale. “Siamo devastati nell’apprenderlo dalla morte di Selena e il nostro cuore è rivolto alla sua famiglia”, dichiara un portavoce di Snapchat. Un portavoce di Meta, invece, afferma che i “pensieri dell’azienda sono con le famiglie colpite da questi accaduti”. Per la famiglia di Selena, le scuse non sono sufficienti.

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Pubblicato da
Rosalba Varegliano