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Durvalumab: nuovo farmaco apre le speranze per il carcinoma polmonare

AstraZeneca, divenuta molto famosa per la questione vaccino, ha recentemente presentato i risultati dello studio PACIFIC al congresso annuale della “American Society of Clinical Oncology” (ASCO21), lo studio di fase III ha confermato i benefici anche dopo cinque anni, per i pazienti malati di tumore polmonare non a piccole cellule non resecabile trattati con il Durvalumab, tali benefici si sono palesati sia in termini di sopravvivenza che per una riduzione del rischio di morte.

I dati aggiornati, che fanno riferimento a uno studio pubblicato nel 2018, mostrano come il 42,9% dei pazienti trattati con questo farmaco è ancora in vita dopo 5 anni dall’inizio del trattamento e come un terzo di questi non abbia visto una progressione di malattia.

 

Il tumore polmonare non a piccole cellule

Nel 2018 è stato stimato come in Europa il tumore al polmone sia la seconda neoplasia più diffusa negli uomini e la terza nelle donne, con un trend in aumento per queste ultime soprattutto per quanto riguarda il rischio di morte, esso arriva a causa di alcune cellule epiteliali che persa la regolazione della duplicazione cellulare vanno incontro ad anaplasia e a crescita incontrollata, rappresenta circa l’86% di tutti i tumori polmonari maligni.

Finora le linee di trattamento si basavano in virtù dello stadio, al primo e al secondo la terapia è principalmente chirurgica, mentre al terzo stadio si differenzia tra resecabile e non, con quest ultimo che vede come iter terapeutico la cooperazione di chemioterapia e radioterapia nella speranza di ridurne le dimensioni.

Terapie più recenti si basano su substrati in grado di bloccare la replicazione cellulare o sull’immunoterapia che serve stimolare il sistema immune contro il tumore.

 

Durvalumab, l’anticorpo monoclonale

Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro la proteina PD-L1 utile nei meccanismi di immuno-evasione, ciò permette di riattivare il sistema immunitario contro il tumore, ed effettivamente ciò è stato evidenziato dai dati registrati, dopo un primo periodo di trattamento radio-chemioterapico, un gruppo composto da 713 pazienti è stato diviso, con rapporto 2:1, in due gruppi, di cui uno ha iniziato il trattamento con Durvalumab e l’altro ha ricevuto solo un placebo.

Già dopo un primo follow up dopo 24 mesi, è emerso come la sopravvivenza sia arrivata al 66% dei pazienti trattai contro il 55% di quelli che hanno ricevuto il placebo, conferma arrivata però dopo 5 anni di follow up, in cui si è registrata una sopravvivenza del 42,9% nei trattati contro il 33,4% di quelli con placebo, ed è stato evidenziato come  il 33,1% di pazienti non sia andato incontro a progressione rispetto al 19% con placebo.

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Pubblicato da
Eduardo Bleve