batteri

Secondo la teoria dell’evoluzione darwiniana, nuove specie si svilupperanno soppiantando quelle più primitive, meno inclini ai cambiamenti garantendo così una vera e propria evoluzione di tutte le specie. Ma se questo fosse vero, come mai alcuni scienziati hanno rinvenuto dei batteri che, praticamente, sono sempre gli stessi da milioni di anni, come se si ribellassero all’evoluzione?

È proprio così cari lettori, esistono dei batteri che rappresentano dei veri e propri “fossili viventi” che risultano letteralmente immutati da 175 milioni di anni. Esattamente, avete capito bene, quasi 200 milioni di anni. A riportare questa straordinaria scoperta è uno studio pubblicato su ISME Journal da un team di ricerca internazionale coordinato dal Bigelow Laboratory for Ocean Sciences negli USA. Nello specifico, gli scienziati hanno scoperto la presenza di questi batteri nel sottosuolo di diversi continenti che vivono traendo energia dalle reazioni chimiche generate dal decadimento radioattivo dei minerali. Allo stesso tempo, questi microrganismi sono anche in grado di proteggere il loro DNA dalle mutazioni.

I batteri che si sono ribellati all’evoluzione: l’interpretazione dell’albero della vita cambia

Questi batteri appartengono alla specie Candidatus Desulforudis audaxviator e, grazie a queste loro straordinarie capacità, potrebbero riscrivere la nostra conoscenza e comprensione dei meccanismi dell’evoluzione. Per cui, dobbiamo stare attenti a quando ci cimentiamo nell’interpretazione dell’albero della vita poiché, come dimostra questo studio, alcuni organismi è possibile che vadano incontro a sprint evolutivi. Dall’altro lato, invece, vi sono organismi che avanzano molto più lentamente. Sono proprio questi ultimi che rendono davvero complesso lo stabilire cronologie molecolari affidabili.

Questi batteri, considerati dei veri ei propri fossili viventi, secondo i ricercatori, è come se avessero sviluppato dei potenti meccanismi che gli consentono di conservare il proprio codice genetico. Forse, potrebbe trattarsi di un enzima super efficiente coinvolto nella replicazione del DNA che, in futuro, chi lo sa, potrebbe trovare applicazione nelle biotecnologie per il sequenziamento, la terapia genica o, ancora, per i test diagnostici.

FONTEISME Journal
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