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Huawei prevede 300 milioni di dispositivi con HarmonyOS entro l’anno

Abbiamo già detto a più riprese che il 2021 è l’anno decisivo per HarmonyOS, il sistema operativo proprietario di Huawei: i beta test sono iniziati negli scorsi mesi su un numero ristretto di smartphone.

Quasi sicuramente entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare sulla stragrande maggioranza dello sterminato portfolio del colosso cinese. Quest’ultimo prevede circa 300 milioni di dispositivi con il sistema installato entro la fine dell’anno in corso.

 

Huawei è ben speranzoso per il futuro di HarmonyOS

Nel corso di una conferenza online tenutasi ieri, uno dei massimi dirigenti di Huawei è sceso un po’ più nel dettaglio: ha detto che l’obiettivo è raggiungere entro questo dicembre 300 milioni di dispositivi, 200 milioni dei quali smartphone. Non ci sono conferme più precise sulle modalità e tempistiche della distribuzione dell’aggiornamento a HarmonyOS, ma si suppone che questa prima fase riguarderà esclusivamente la Cina. Molti degli smartphone interessati dal programma dovrebbero ricevere il sistema prima di giugno.

HarmonyOS è stato presentato già due anni fa come un sistema operativo universale, adatto sia a smartphone, sia a computer sia a gadget IoT. L’obiettivo

del colosso cinese, come ribadito nella conferenza di ieri, è creare un ecosistema più coeso e diversificato, in modo da garantire livelli di automazione senza precedenti nel settore. Huawei porta l’esempio di un utente che si addormenta: lo smartwatch lo rileva, e automaticamente si spengono le luci, il climatizzatore si imposta sulla temperatura ideale per dormire.

I primi smartphone “nativi” HarmonyOS (noto come Hongmeng OS in Cina) dovrebbero essere i membri della famiglia Huawei P50; il loro lancio era previsto più o meno in questo periodo, ma secondo le ultime indiscrezioni sarebbe stato posticipato di un paio di mesi proprio per via di alcuni intoppi software. Almeno lato smartphone, pare che le somiglianze con Android siano moltissime: Ars Technica è arrivata addirittura a definirlo un mero fork del sistema open-source sviluppato da Google, un po’ come il Fire OS di Amazon.

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Pubblicato da
Veronica Boschi