Scienza e Tecnologia

Radioattività: le scorie sulle isole Marshall sono peggio di Chernobyl

I disastri nucleari degli ultimi anni hanno inevitabilmente segnato il nostro pianeta. Prima Chernobyl, poi Fukushima hanno disperso nell’atmosfera grandi quantità di radionuclidi, ancora presenti in moltissime zone della Terra. Quello che però molti non sanno è che a Runit nelle Isole Marshall, sono presenti ingenti quantità di scorie risalenti agli anni’ 40.

Sulla piccola isoletta nell’Oceano Pacifico è infatti presente una cupola di cemento, simile a quella costruita nel 1986 a seguito dell’incidente in Ucraina. Sotto la stessa sono custodite le scorie di decine di test su bombe e missili. Il problema è che questa copertura si sta danneggiando, rischiando di contaminare ulteriormente il nostro pianeta.

Radioattività: le Isole Marshall sono peggio di Chernobyl e Fukushima

Il caso della radioattività nelle Isole Marshall è emerso qualche giorno fa, dopo l’incontro tra il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres e il presidente di quelle zone Hilda Heine. Quest’ultimo ha portato l’attenzione sull’impossibilità di occuparsi del problema, vista la ristrettezza delle risorse economiche. Il rischio di contaminazione nell’atollo Enewetak è reale e bisogna agire rapidamente.

La responsabilità diretta di tutto questo è da imputare all’America che negli anni’ 40 e 50 svolgeva test di ordigni nucleari

sganciandoli sugli atolli del Pacifico. Tra questi come non ricordare “Castle Bravo” nel 1954, dove un ordigno esplose sull’atollo di Bikini.

La potenza dell’esplosione fu stimata circa mille volte più potente di quella di Hiroshima. Il fungo atomico raggiunse la straordinaria altezza di 7 chilometri, risultando visibile anche a svariata distanza dal punto dell’esplosione. Una serie di errori di valutazione però coinvolse anche centinaia di persone ignare, che vennero investiti da ceneri e polveri radioattive.

La bonifica delle Isole Marshall iniziò alla metà degli anni ’70 e dopo circa tre anni di lavoro vide la nascita del sarcofago protettivo ad oggi sotto l’occhio dei riflettori. La soluzione avrebbe dovuto essere solo momentanea, il passaggio di consegne al potere però blocco il corretto smaltimento dei radionuclidi.

Le crepe nel cemento starebbero gradualmente liberando isotopi pericolosissimi come il plutonio-239, caratterizzato da tempi di decadimento altissimi. Il problema sottovalutato in passato riguarda poi la permeabilità del suolo, che non fu rivestito prima di depositare il materiale. Nonostante i livelli di radioattività non siano particolarmente preoccupanti, le intemperie rischiano di rovinare definitivamente la copertura, rischiando di liberare tutto nell’Oceano.

 

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Pubblicato da
Niccolò Marrocco