Coronavirus, caccia alle mascherine: ma nessuna può superare questo tipo

La corsa alle mascherine e ai dispositivi di protezione individuale (DPI), ormai, non è soltanto affare italiano. La dichiarazione dello stato di pandemia da parte dell’OMS è stata una mossa lungimirante nell’anticipare una tendenza che si sarebbe diffusa in tutto il mondo, prescindendo da qualsiasi limite geografico; e ora anche la ricerca – accelerata in questi giorni – sta portando i propri frutti nell’invenzione di nuove tecnologie per limitare i contagi.

Non è un caso che proprio ora l’azienda LIGC Applications sia uscita allo scoperto nell’annunciare la creazione della miglior mascherina protettiva al mondo, e non mancano neppure le suggestioni per un possibile impiego nel contrastare la diffusione del SARS-CoV-2.

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Sarebbe questo il nome dell’ultimo ritrovato in fatto di dispositivi di protezione individuale, andati ormai a ruba in tutti i Paesi – tanto da costringere molti ad attivarsi per iniziarne una produzione interna.

Una delle esigenze più impellenti, inoltre, corrisponde alla possibilità di sterilizzare e utilizzare più di una volta la stessa mascherina,

consentendo così un notevole risparmio non solo economico, ma anche in termini di risorse e di tempo (non dovendo attendere il successivo approvvigionamento).

Ma cos’ha questa mascherina di così speciale?

Anzitutto, utilizza il grafene – che è un materiale naturalmente antibatterico – per filtrare l’aria circostante e intrappolare i microrganismi, e in aggiunta impiega una scarica elettrica a bassa tensione per impedirne l’azione e la proliferazione.

La sua efficienza, pari al 99% per i batteri e virus di dimensioni superiori agli 0,3 micron e l’80% dei corpi inferiori a questo diametro, batte clamorosamente le mascherine N95 (il cui indice di filtraggio corrisponde “solo” al 95%).

In aggiunta, le scariche elettriche vanno contestualmente a sterilizzarla e può essere ricaricata tramite un cavo USB fornito in dotazione.

Tuttavia, pur rappresentando una soluzione congeniale in questo momento storico, è ancora troppo presto per la sua immissione in commercio. Pertanto potrebbe non essere impiegata in tempo per la lotta al Coronavirus.

 

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Pubblicato da
Monica Palmisano