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Ecco la batteria infinita grazie all’energia nucleare nei diamanti

Un geochimico di Bristol ha scoperto come creare diamanti artificiali usando delle scorie radioattive, una configurazione che risulta perfetta per alimentare una batteria per 5.000 anni! Il ricercatore si chiama Tom Scott e all’Università di Bristol in Inghilterra ha sviluppato con il suo team un modello di trasformazione di gas radioattivi in diamanti in grado poi di convertire la radiazione in energia elettrica per quelle che possono considerarsi batterie nucleari.

Secondo Scott si potrebbe “cogliere due piccioni con una fava”: si potrebbe dare una seconda vita a delle scorie pericolose per l’ambiente stoccate chissà dove e si potrebbe  superare la tecnologia a ioni di Litio delle batterie attuali. 

 

Ecco la batteria infinita grazie all’energia nucleare nei diamanti

Il prototipo di batteria è stato sviluppato usando l’isotopo radioattivo nickel-63, il cui tempo di dimezzamento è di circa 100 anni, ma Scott vuole recuperare le decine di migliaia di tonnellate di Carbonio-14 stipate nelle centrali nucleari del Regno Unito. Un materiale che, se sfruttato a dovere, può contribuire a generare una batteria con una carica di 5.000 anni, corrispondente a un’emivita dello stesso Carbonio-14.

Questo materiale radioattivo sarebbe anche facile da introdurre nei diamanti artificiali creati da Scott e non c’è pericolo di dispersione delle radiazioni. Purtroppo l’energia attualmente sviluppata è molto bassa, visto che un grammo di C14 può generare solo 15 Joules al giorno contro i 700 Joules per grammo di una comune batteria al litio. Quest’ultima però può durare al massimo 24 ore di uso continuo, e quindi si spera che un giorno i nostri smartphone avranno batterie di diamante radioattivo che durino fino a 5.000 anni.

La ricerca di Tom Scott non rivela tutti i dettagli su quanto C14 può essere stoccato in un diamante, né sono chiari i costi di produzione. Tuttavia, alla potenza attuale sviluppata, tali batterie potrebbero trovare applicazione già nei pacemaker, nei satelliti, o in droni di alta quota.

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Pubblicato da
Flavio Mezzanotte