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Posti di blocco segnalati su WhatsApp, per il giudice non è reato

Una pratica diffusa da tempo, ma spesso ritenuta illegale, è quella di creare gruppi WhatsApp utili per segnalare a tutti i membri la presenza di posti di blocco lungo le strade. Attraverso uno scambio di messaggi di tutti i partecipanti era possibile scambiarsi informazioni riguardanti la posizione delle pattuglie di Polizia di Stato, Polizia Locale e Carabinieri.

Il motivo principale dello scambio di battute è quello di segnalare le strade in cui sono presenti i posti di blocco. Il principale vantaggio è quello di “evitare” multe o, in casi più gravi, il rito della patente. Infatti, l’attività maggiore del gruppo si aveva durante le serate, magari per cambiare strada prima di un posto di blocco per evitare di essere fermati in stato di ebbrezza.

Gruppi WhatsApp e segnalazioni di posti di blocco, la svolta!

A fare chiarezza su questa situazione, ci ha pensato il Giudice per le Indagini Preliminari Luisa Avanzino

. Il GIP infatti ha archiviato una inchiesta che vedeva indagati 49 ragazzi residenti nella Valle Scrivia, alle porte di Genova. All’interno di un gruppo composto da oltre 100 persone, i membri si scrivevano messaggi relativi ai posti di blocco. Come se non bastasse, all’interno del gruppo venivano rivolti insulti diretto alle Forze dell’Ordine.

Il GIP ha confermato che mantenere in vita un gruppo del genere non è assolutamente classificabile come reato. Soprattutto, non vi sono i presupposti per definire una interruzione di servizio pubblico. Infatti, secondo le motivazioni apportate, il numero limitato di partecipanti non comporta una variazione sostanziale nel lavoro svolto dalle Forze dell’Ordine. Inoltre, rivolgere offese in chat non è ritenuto vilipendio considerando il carattere limitato e chiuso delle chat.

 

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Pubblicato da
Alessio Amoruso