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Google finalmente difende Huawei e si scaglia contro il ban

Il governo degli Stati Uniti nella sua guerra commerciale con la Cina ha reso Huawei il suo obiettivo a causa del potenziale di spionaggio che l’azienda potrebbe avere secondo gli USA. Google, tuttavia, nega che il colosso cinese abbia ripercussioni sulla sicurezza del Paese.

Huawei non avrà più accesso ai servizi offerti da Google proprio a causa di questo ban indetto dal governo di Trump. Tuttavia, senza l’accesso a Google Play, i dispositivi Huawei non hanno accesso a Google Play Protect. Play Protect è una funzionalità incorporata a Google Play che analizza ogni app per rilevare malware prima del download. Di conseguenza, senza l’accesso a Google Play, gli smartphone Huawei non vengono sottoposti alla scansione di malware. Se qualcuno con, ad esempio, un dispositivo Google Pixel invia informazioni sensibili a un telefono Huawei privo di protezione da malware, tali informazioni verranno compromesse indipendentemente dalla crittografia end-to-end.

Google si dissocia dalle ultime dichiarazioni del ban statunitense contro Huawei

Il ban degli USA per Huawei ha persino portato Google a revocare la licenza Android

, rimuovendo Huawei dalle ammiraglie Android e dal programma Android Q Beta. Tali cambiamenti sono fortunatamente duranti solo pochi giorni. Ad esempio, Huawei Mate 20 Pro è tornato nella lista del programma Beta di Android Q. Ciò solo per 90 giorni (a causa della sospensione di tre mesi del governo degli Stati Uniti). Il 19 agosto, Mate 20 Pro verrà rimosso dal programma Android Q Beta ancora una volta.

Altre aziende hanno seguito l’esempio, come Microsoft, Intel, Qualcomm, ARM e così via. Le società americane che fanno affari con Huawei fanno soldi grazie alla grande popolarità dell’azienda in Cina. Quindi, questo ban è anche controproducente. Huawei ha dichiarato in risposta al Ban e alla sua revoca della licenza Android che firmerebbe un accordo di “non spionaggio” con gli Stati Uniti e altri paesi. Ciò nel caso in cui tali paesi continuino a fare affari finanziari con l’OEM cinese. Ma gli accordi di spionaggio potrebbero rivelarsi nient’altro che un cerotto politico temporaneo.

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Pubblicato da
Rosalba Varegliano