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La nuova frontiera nello studio dei campi magnetici cosmici

La mappatura dei campi magnetici negli ammassi di galassie

Un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui scienziati dell’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica) e dell’Università di Bologna, ha compiuto un notevole passo avanti nella comprensione degli ammassi di galassie, noti come “giganti cosmici“. Attraverso l’impiego di una tecnica innovativa chiamata Synchroton Intensity Gradients (Sig) e sfruttando i dati provenienti dai radiotelescopi Jansky Very Large Array (Jvla) e Karoo Array Telescope (MeerKat), il team è stato in grado di mappare i campi magnetici di cinque ammassi di galassie, tra cui il noto El Gordo. Questi risultati, recentemente pubblicati su Nature Communications, forniscono preziose informazioni sul processo evolutivo di tali oggetti cosmici.

 

Gli ammassi di galassie come laboratori cosmici

Gli ammassi di galassie costituiscono la struttura fondamentale dell’universo, formando una sorta di scheletro cosmico in cui trovano posto pianeti, stelle, galassie e filamenti di gas. El Gordo, il più grande ammasso mai osservato nell’universo lontano, è stato scoperto nel 2012 e risale a circa 6,2 miliardi di anni fa, rappresentando un’importante finestra temporale nella storia dell’universo.

Essendo dinamiche e in costante evoluzione, le strutture degli ammassi di galassie sono influenzate dai campi magnetici che le attraversano. Questi campi giocano un ruolo cruciale nell’indirizzare i flussi termici

, l’accrescimento e la gestione delle particelle cariche ad alta energia e dei raggi cosmici all’interno degli ammassi. Lo studio di tali campi magnetici fornisce quindi una chiave per comprendere l’evoluzione di questi giganti celesti.

La tecnica innovativa Sig, sviluppata presso l’Università del Wisconsin-Madison da Alex Lazarian, ha permesso al team di tracciare i campi magnetici di El Gordo e di altri quattro ammassi di galassie. La combinazione di questa metodologia avanzata con i dati dei radiotelescopi ha aperto nuove prospettive per esplorare la distribuzione del campo magnetico in regioni precedentemente inaccessibili.

 

Il metodo Sig traccia la strada per nuove esplorazioni spaziali

Annalisa Bonafede, co-autrice dello studio e docente presso il Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Bologna, sottolinea l’importanza di approfondire la comprensione del magnetismo per comprendere meglio l’evoluzione dell’universo a grande scala. Chiara Stuardi, ricercatrice presso l’Inaf, aggiunge che i risultati straordinari potrebbero aprire la strada all’applicazione del metodo Sig per esaminare strutture cosmiche ancora più vaste, come i filamenti che collegano gli ammassi di galassie. L”innovazione tecnologica e la ricerca scientifica continuano a rivelare nuovi aspetti affascinanti dell’universo, aprendo nuove prospettive di studio e comprensione.

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Pubblicato da
Margherita Zichella