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Google, 5 miliardi da pagare ai suoi utenti

Da qualche giorno Google sembra aver trovato l’accordo con gli utenti che hanno querelato il grande G con l’accusa di alcune violazioni della privacy. Il tutto sembrerebbe connesso con una serie di problematiche relative alla modalità incognito di Chrome.

In tribunale l’accusa aveva richiesto a Google un totale di 5 miliardi di dollari, cifra enorme che l’azienda ha scelto di non pagare. Piuttosto il colosso americano ha scelto di contrattare e scendere quindi ad un accordo extra giudiziale che però deve essere ancora approvato.

Google, che succede?

Nell’ormai lontano 2020, un gruppo di utenti si è mosso contro Google per alcune descrizioni della modalità incognito che, a detta loro, risulterebbero ingannevoli. Per aggiunta le accuse sono incrementate a seguito di alcuni aggiornamenti che ha effettuato la società americana al proprio browser senza nemmeno tener conto delle aggiunte suggerite.

La modalità incognito permette agli utenti totale privacy sotto ogni aspetto, o almeno in teoria. Dalle navigazioni effettuate utilizzando tale funzione la cronologia come i cookies di terze parti

non vengono salvati. Tuttavia siti come lo stesso Google Analytics riescono a tracciare gli spostamenti degli utenti.

Ciò che i querelanti reclamano è il possibile nome ingannevole che è alla base della funzionalità made in Google. Tuttavia la stessa azienda inizialmente a respinto le accuse dichiarando che le accuse fossero infondate dato che tutte le informazioni del caso erano ben visibili una volta attivata la modalità.

Nel frattempo sono state mosse altre accuse contro Google riguardo ad alcuni documenti che mostrano dei dati sconcertanti. Sembra infatti che l’azienda del famoso browser utilizzi i dati della navigazione in incognito per fornire annunci, e informazioni all’utente riguardanti le precedenti ricerche “private”.

A Febbraio si terrà l’udienza dove sarà deciso se Google dovrà pagare questi 5 miliardi (circa 5.000 dollari ad utente). Rimanete aggiornati sulle nostre pagine per tutti gli eventuali aggiornamenti sul caso.

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Pubblicato da
Aurelio Trotto