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Intelligenza Artificiale: può sostituire un cervello umano?

L’intelligenza artificiale può comportarsi allo stesso modo di un cervello umano? E’ questa una delle principali domande poste negli ultimi anni. Purtroppo la domanda non può avere ancora una risposta poiché la questione risulta essere molto più contorta di quanto si possa immaginare. Ciononostante, però, la ricerca in quest’ambito risulta essere molto intensa: scienziati di tutto il mondo di fatto, stanno cercando di scoprire se sia possibile simulare un cervello umano con l’intelligenza artificiale, educando quest’ultima a prendere decisioni reali.

Alcuni ricercatori hanno infatti dimostrato come l’IA possa arrivare a comportamenti del tutto simili a quelli umani all’interno di giochi come Pong, Space Invader ed Enduro, con l’unica differenza che il cervello umano impiega molto meno tempo nell’acquisire le conoscenze adeguate.

Intelligenza Artificiale e Cervello umano: sarà possibile creare una macchina perfetta?

Il punto di partenza delle principali ricerche mondiali è proprio questo: come si fa ad insegnare ad una intelligenza artificiale che certi parametri, come i colori che percepiscono gli occhi, non influiscono su alcune azioni,

come ad esempio guidare un macchina? L’intelligenza

A questo punto entrano in ballo alcuni concetti fondamentali tra cui la neuroscienza decisionale, ovvero la disciplina che studia come l’attività neurale sia collegata al processo decisionale. Ogni persona, di fatto, impara a conoscere cosa si trova davanti ai suoi occhi, correggendo di conseguenza il suo comportamento. Questo si chiama reinforcement learning ed è alla base dell’algoritmo di intelligenza artificiale Deep Q Network (DQN). Il DQN è infatti capace di unire il reinforcement learning con le reti neurali convoluzionali.

“l DQN è stato addestrato sui videogiochi Atari Pong, Space Invaders ed Enduro, e i suoi neuroni artificiali sono stati utilizzati per prevedere il comportamento e l’attività cerebrale dalle scansioni delle immagini del cervello tramite risonanza magnetica dei partecipanti che nell’esperimento stavano giocando. I ricercatori hanno scoperto che l’attività cerebrale in due regioni cerebrali coinvolte nella percezione e visione – il percorso visivo dorsale e la corteccia parietale posteriore – potrebbero essere modellati utilizzando le caratteristiche dell’algoritmo DQN.”

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Pubblicato da
Alessandro Caperchio