Come si reinventa l’impiego di una tecnologia a seconda della necessità? L’adattabilità degli strumenti impiegati in alcuni ambiti verso nuove funzioni, in base alle esigenze del momento, è sempre una piacevole scoperta e sorpresa: l’intuizione che porta un metodo, normalmente adoperato per alcuni scopi, a divenire lo standard per effettuare altro tipo di rilevazioni o verifiche è ciò che contraddistingue l’ingegno umano nelle più differenti situazioni.

Ed è così che le termocamere, comunemente utilizzate per individuare le fonti di calore in un edificio o in una precisa zona geografica (corredate di indicazione della temperatura e ogni parametro che serva) sono diventate lo strumento impiegato per controllare la temperatura corporea dei cittadini all’entrata di luoghi al chiuso, edifici pubblici oppure ospedali.

Termocamere, come vengono impiegate per prevenire la diffusione del Coronavirus?

Il funzionamento di una termocamera è molto semplice: ci si posiziona in un punto specifico della stanza o dell’area impiegata per il controllo, spesso contrassegnato da segnaletica orizzontale o da limiti fisici (strisce di scotch colorato per terra, transenne, indicazioni di altro genere) e che corrisponde alla zona inquadrata dalla termocamera. Dopo di che, un addetto va a verificare i parametri dietro al monitor collegato alla termocamera e consente l’ingresso se i limiti di temperatura sono rispettati.

Altri tipi di termoscanner hanno tra le impostazioni la possibilità di porre una soglia massima di temperatura, oltre la quale lo strumento segnala la presenza di febbre iniziando a lampeggiare.

L’impiego delle termocamere è risultato fondamentale per snellire più rapidamente le code e la calca all’ingresso di luoghi di pubblico interesse, nonché a consentire al personale di avere un contatto ancor meno ravvicinato con i potenziali infetti.

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