L’azienda elettronica Sonos, ha collaborato nel 2013 insieme a Google per la funzionalità di Google Play Music. Essendo Google un’azienda che non produceva altoparlanti, avrebbe  chiesto a Sonos i suoi progetti per adattare la propria applicazione alle funzionalità degli stessi. I dirigenti di quest’ultima sostengono di aver consegnato i progetti come ingenuo atto di fiducia nei confronti della grande azienda.

Ecco cosa è accaduto esattamente

I progetti (5 per l’esattezza) era previsto servissero unicamente per Google play music, ma a dispetto degli accordi presi, Google avrebbe successivamente copiato quei brevetti anche su altro, senza pagare loro le dovute royalties. Secondo l’azienda i vari dispositivi tra cui ChromeCast e la serie di smart speaker di Google Home sarebbero stati creati sulla base dei loro brevetti, copiandoli senza autorizzazione.

Già a partire dal 2016 avevano cominciato a emergere le prime lamentele da parte di Sonos, nonché i primi avvertimenti. Ma Google ha sempre negato e ignorato queste accuse, portando all’inizio del 2020 la piccola azienda a denunciarli legalmente in due sistemi giudiziari federali diversi, richiedendo anche il blocco delle vendite di tutti i dispositivi messi in commercio. La stessa accusa è stata fatta anche ad un’altra grande azienda con cui Sonos ha collaborato: Amazon. 

Tuttavia, per un’azienda così piccola rispetto a questi due colossi, sarebbe stato troppo rischioso intraprendere le vie legali anche con quest’ultima, contemporaneamente alla prima. Tra le accuse rivolte a entrambe le società vi è anche quella di aver stabilito dei prezzi di mercato eccessivamente competitivi, più bassi dei propri, con lo scopo di sabotare la società e di essere stata spremuta da entrambe un quanto azienda molto più piccola rispetto alle due.

Ma Google e Amazon si difendono da queste accuse, entrambe in modi diversi. La prima tramite Jose Castaneda, un portavoce che sosterrebbe che per anni si è discusso della reale proprietà intellettuale di quei progetti e che la società si difenderà fino all’ultimo da tutte le accuse. Natalie Hereth, portavoce di Amazon, sostiene invece che la tecnologia multiroom di Amazon non ha nulla a che vedere con Sonos ed è stata sviluppata in modo totalmente indipendente.

VIANew York Times
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