Il canone RAI costituisce una delle tasse più invise agli italiani. Inizialmente, infatti, si configurava come un’imposta per poter vedere i programmi RAI, mentre oggi, a seguito del decreto approvato dal governo Renzi nel 2016, rappresenta legalmente una tassa sul possesso della televisione.

D’altra parte, questa manovra ha ridotto il costo del canone – che prima stava raggiungendo picchi insostenibili per le famiglie – dilazionandone il pagamento in cinque rate da 18 euro ciascuna, per un totale di 90 euro annui. Se da una parte, però, questo ha costituito un ribasso per il costo della tassa, dall’altro ne ha impedito anche l’evasione. Dal 2016, infatti, il canone si paga direttamente nella bolletta dell’energia elettrica.

Secondo Luigi Di Maio, ex Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, si tratta di una tassa illegittima per come si configura al giorno d’oggi. Benché i proventi delle pubblicità trasmesse non possano compensare gli 1,8 miliardi di introiti provenienti dal canone in bolletta, il Movimento 5 Stelle ha depositato lo scorso luglio un disegno di legge per l’abolizione dell’imposta RAI.

Canone RAI: quanto manca davvero all’abolizione?

D’altronde, la delicata situazione politica a cui ha condotto la crisi di Governo aperta dal Ministro Matteo Salvini ha indotto forti rallentamenti nelle attività del Parlamento. Fortunatamente, essendosi costituita una nuova maggioranza che rispecchia comunque il voto dello scorso 4 marzo, i disegni di legge depositati non cadranno insieme al Governo precedente, ma verranno preservati nel “Conte-Bis”.

E’ probabile dunque che nei prossimi mesi si torni a discutere in aula in merito all’abolizione del canone RAI, a beneficio di tutti i cittadini italiani.

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