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Chernobyl, la nube radioattiva dei nostri giorni di cui non si è mai parlato

A seguito dell’enorme ed insperato successo della serie TV, dopo tanti anni si è tornato a parlare di uno dei più grandi disastri della storia dell’umanità: il disastro nucleare di Chernobyl. Gli episodi prodotti dalla HBO e incentrati su questa vicenda hanno anche determinato un afflusso turistico superiore del 40% rispetto al passato.

Improvvisamente le persone sembrano essersi risvegliate dal torpore in cui le coscienze erano precipitate, e si è tornato a rendere centrale un tema estremamente importante per la salute pubblica, che riguarda le emissioni di sostanze radioattive.

Pare infatti che fra settembre e ottobre del 2017, una nube di Rutenio-106 (un elemento della tavola periodica) nella sua conformazione radioattiva si sia diffusa in Europa. L’evento, secondo alcune ipotesi, si sarebbe verificato a seguito di un incidente in un impianto nucleare russo, benché la Russia non abbia mai confermato o smentito questo genere di accuse.

Nube radioattiva sull’Europa: l’incubo di Chernobyl ritorna

Questo avvenimento, in parte insabbiato per la mancanza di conferme scientifiche e diplomatiche da parte del Paese in questione, avrebbe portato una nuova nube tossica verso l’Europa. D’altra parte, una ricerca firmata da settanta esperti – tra cui anche i ricercatori dell’ARPA di Lombardia e Friuli Venezia Giulia – ha evidenziato la rilevazione di livelli minimi di rutenio-106 nell’aria.

Non è tanto la presenza di questo elemento a spaventare, infatti livelli così bassi (in Italia si parla di 2.5 mBq/m3) non costituiscono una reale minaccia alla salute pubblica. Ciò che preoccupa gli scienziati è che questa scoperta possa essere presagio di qualcosa di più pericoloso e rilevante, il che dovrebbe indurre ad un maggior monitoraggio futuro per evitare esiti disastrosi.

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Pubblicato da
Monica Palmisano