In un clima di rivalità così spietata e senza sconti, appare naturale che anche il minimo “errore” possa in realtà costare molto caro.

È ciò che è avvenuto nella giornata di mercoledì: inspiegabilmente Facebook, WhatsApp, Messenger e Instagram risultavano down, con l’impossibilità di inviare audio o media a meno di non voler aspettare tempi biblici.

Anche se il down è durato relativamente poco (Facebook e Messenger prima, chiudendo con WhatsApp in serata), la società di Zuckerberg ha comunque dovuto pagare uno scotto notevole. In appena 24 ore, 3 milioni di utenti hanno scelto di abbandonare il proprio account WhatsApp per migrare verso Telegram.

Lo fa sapere pubblicamente il CEO, nonché fondatore della piattaforma, Pavel Durov, attraverso un messaggio nel suo canale ufficiale. Senza nominare esplicitamente il diretto concorrente, lancia qualche frecciatina affermando “Vedo 3 milioni di utenti che si sono uniti a Telegram nelle ultime 24 ore. Bene, noi abbiamo la vera privacy e spazio illimitato per tutti”.

La verità nascosta dietro le parole di Durov

Entrambe le ultime asserzioni sono il risultato di due fatti che da tempo giocano a favore di Telegram rispetto a qualsiasi altra piattaforma: con i suoi 10 test superati su 10, l’app di Durov ha dimostrato di possedere davvero un sistema impossibile da scardinare, garantendo così massima privacy verso gli utenti. Inoltre, il secondo punto fa riferimento alla caratteristica di Telegram di possedere un cloud illimitato di archiviazione per le chat, che quindi occupano pochissimo spazio sul dispositivo e si rendono disponibili da qualunque device con cui si effettui l’accesso.

Sicuramente per molti dei 3 milioni la migrazione di piattaforma sarà momentanea, tornando magari ad utilizzare le app a cui sono più abituati non appena abbiano ripreso il normale funzionamento. Sta di fatto, però, che per Telegram una situazione del genere risulta una vetrina non indifferente per mostrare tutte le proprie potenzialità. E perché no, anche per convincere qualcuno a restare.

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