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Hi-tech sotto accusa: sfruttamento minorile in Congo per estrazione di cobalto

L’industria dell’hi-tech sotto i riflettori. Bambini usati nelle miniere per l’estrazione del cobalto. Succede in Congo, dove questo tipo di sfruttamento è all’ordine del giorno. L’accusa, lanciata da un recente report di Amnesty International.

Principale indagata Apple, ma anche altre multinazionali non devono né star tranquille né puntare il dito. Sotto i riflettori, infatti, anche Samsung, Sony ed altre aziende dell’IT che utilizzano materie prime ottenute grazie al lavoro minorile.

Il cobalto è una componente essenziale per le batterie degli smartphone di ultima generazione. Ed è proprio dalla Repubblica Democratica del Congo che giunge circa il 50 per cento di tale materia prima. Impiegati, dunque, fino a 40 mila bambini.

Il report di Amnesty International

Analizzando i dati sollevati da Amnesty, la conclusione cui si giunge è una sola: attuare i necessari controlli per impedire l’acquisto di questa materia prima ottenuta grazie al lavoro minorile. Ma, tra queste grandi multinazionali e i bambini sfruttati c’è una testa di ponte. Si chiama Huayou Cobalt, un colosso cinese che controlla la Congo Dongfang Mining. È proprio questa ad acquistare grossi rifornimenti di cobalto estratto grazie al lavoro e allo sfruttamento dei bambini.

Non tarda ad arrivare la risposta di chi si trova sotto accusa. Apple in prima linea che mira a precisare come il lavoro minorile non sia tollerato tra le proprie linee guida aziendali. Ma che, al contrario, fa notare la precisa introduzione di standard molto elevati per tutelare i bambini dallo sfruttamento. E che i propri fornitori debbano necessariamente rispondere a determinate richieste e requisiti.

Per quanto riguarda Samsung e Sony, dal canto loro, anche queste smentiscono l’utilizzo del lavoro minorile da parte dei fornitori che gli procurano le batterie. Mentre più vaghe sono state le altre multinazionali che sono state invitate a rispondere alle accuse.

Tuttavia, la situazione in Congo è grave. Realmente. Non solo il numero di bambini impiegato è elevato, ma anche le condizioni di lavoro e di sicurezza cui sono esposti piegano in una realtà a dir poco agghiacciante. Chi usa smartphone e tablet (ovvero tutti ormai sul pianeta) dovrebbe considerare le 80 morti tra gli estrattori bambini di cobalto tra i mesi di settembre 2014 e dicembre 2015.

Come Amnesty International rimarca, le aziende che si sollevano da qualsiasi responsabilità e che vantano l’onestà dei fornitori cui si rivolgono, fatturano 125 miliardi di dollari. Eppure, i bambini continuano a morire, mentre se sono fortunati rinunciano ad un’adeguata istruzione. Eppure, nessuno produce smartphone con il cobalto del Congo. C’è qualcosa che decisamente non quadra.

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Pubblicato da
Federica Vitale