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Diritto all’oblio: Google “dimentica” 360.000 risultati

In adempimento alla sentenza della Corte Europea che nel maggio 2014 ha sancito il cosiddetto “diritto all’oblio“, Google ha introdotto la possibilità di richiedere la rimozione dai risultati degli URL che rimandano a pagine contenenti informazioni personali; in questi giorni sono state divulgate le statistiche relative al numero di richieste pervenute e al loro esito.

Diritto all’oblio: cosa prevede?

Nel maggio del 2014 la Corte Europea stabilì che un cittadino debba avere la possibilità di richiedere ai motori di ricerca la rimozione dalle pagine dei risultati degli URL relativi a risorse web contenenti informazioni personali che lo riguardano, nel caso esse siano “inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessive“.

Per adeguarsi a questa decisione a tutela della privacy dei cittadini europei, Google ha prontamente introdotto la possibilità di inviare una richiesta di rimozione dei risultati di ricerca compilando un semplice modulo online; le richieste vengono poi analizzate, e se rispettano i requisiti stabiliti dalla Corte Europea, i risultati di ricerca vengono effettivamente rimossi dalle SERP.

Il report di Google sul diritto all’oblio:

Proprio oggi Google ha pubblicato le statistiche riguardanti il “diritto all’oblio“, indicando il numero di richieste pervenute, la percentuale di quelle accolte, e la ripartizione paese per paese.

Nell’ambito del diritto all’oblio, dal maggio 2014, sono state inoltrate dai cittadini europei ben 282.508 richieste di rimozione di risultati per un totale di 1.027.495 URL presi in considerazione da Google. Di questo milione circa di URL, alcuni sono ancora in fase di elaborazione, ma per quelli il cui iter è già completato la percentuale di richiese accolte si attesta al 41,3%

del totale, con esattamente 359.803 URL rimossi dai risultati di ricerca; nel restante 58,7% dei casi, che corrispondono a 511.623 URL, la richiesta è stata invece respinta.

Curioso notare come i dati relativi all’Italia si discostino parecchio dalla media europea: delle circa 21.000 richieste provenienti dal nostro paese, relative a 72.000 URL, ne sono infatti state accolte appena il 28,3%, percentuale quindi nettamente inferiore a quella della media europea, con addirittura 20 punti percentuali di distacco rispetto alla media relativa alla Germania. Ciò indica probabilmente che i nostri connazionali sono più inclini ad inviare richieste di rimozione al motore di ricerca, richieste tuttavia considerate da Google “fuori luogo”.

Nel report pubblicato da Google sono inoltre riportati alcuni esempi di richieste pervenute dal motore di ricerca, molte provenienti dall’Italia, indicando il relativo esito. Va precisato che il diritto all’oblio prevede la rimozione degli URL dalle SERP (la pagina con i risultati di ricerca) e non l’oscuramento dei siti in questione, che resteranno ovviamente raggiungibili.

Diritto all’oblio: Tutela della privacy o ostacolo all’informazione?

Le opinioni riguardo al diritto all’oblio sono piuttosto divergenti: c’è chi lo difende in quanto prezioso strumento nell’ambito della tutela della privacy e chi lo addita come un ostacolo alla libertà di informazione. In ogni caso sembra prevalere un giudizio positivo, tanto che recentemente il Senato degli Stati Uniti ha iniziato a discutere la possibilità di estendere il diritto all’oblio ai cittadini americani.

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Pubblicato da
Redazione