Chi avrebbe mai detto che minuscole particelle d’oro – roba davvero microscopica, tipo mille volte più sottile di un capello – potessero un giorno aiutare a restituire la vista? Eppure è proprio questo che stanno esplorando alcuni ricercatori della Brown University, e la cosa sta diventando sempre più interessante.
Particelle d’oro per restituire la vista
Partiamo dall’inizio: ci sono malattie della vista, come la degenerazione maculare o la retinite pigmentosa, che colpiscono la retina e, con il tempo, spengono letteralmente la capacità di vedere. È un processo lento, spesso irreversibile, che toglie pezzo dopo pezzo la visione centrale o notturna, e lascia davvero poche opzioni terapeutiche. Almeno finora.
I ricercatori americani, invece di cercare di riparare i fotorecettori danneggiati (che sono le cellule che normalmente “vedono” la luce), hanno fatto una cosa un po’ da hacker: hanno trovato una scorciatoia. L’idea è semplice quanto geniale. Hanno preso queste particelle d’oro – chiamate gold nanorods, per essere precisi – e le hanno iniettate nell’occhio. Una volta lì, le particelle si comportano come minuscoli ricevitori di luce infrarossa. Con una stimolazione laser mirata, riescono ad attivare altre cellule della retina ancora funzionanti, come le cellule bipolari o ganglionari. Tradotto: si bypassa il guasto e si manda comunque il segnale al cervello.
E no, niente operazioni invasive o impianti elettronici complicati. Solo un’iniezione, una luce calibrata e tanta speranza. Una delle cose più belle di questo approccio è che potrebbe coprire tutto il campo visivo e non solo una parte, come fanno oggi molti impianti. E visto che funziona con l’infrarosso, potrebbe addirittura coesistere con ciò che resta della visione naturale del paziente.
Per ora i test sono stati fatti sui topi, e i risultati sono incoraggianti: hanno mostrato segni di attività visiva nella corteccia cerebrale, e nessun effetto collaterale anche mesi dopo. Il passo successivo? Provare a combinare tutto con visori o occhiali smart dotati di laser integrati.
Non è magia, è scienza che inizia a parlare il linguaggio della fantascienza. E questa volta, a quanto pare, lo fa con una punta d’oro.