Chernobyl, i cani contaminati dalle radiazioni non saranno mai uguali agli altri

Dopo il disastro nucleare di Chernobyl nel 1986, la zona circostante la centrale nucleare è stata dichiarata una zona di esclusione. Tuttavia, i cani che vi vivevano sono rimasti lì e hanno continuato a riprodursi. Ebbene, un nuovo studio ha rivelato che gli esemplari nati sono geneticamente diversi da quelli di altre parti del mondo, il che potrebbe avere implicazioni sulla loro salute e sulla loro capacità di sopravvivenza.

Chernobyl: la situazione potrebbe non riprendersi mai

Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha analizzato i campioni di DNA di 55 cani randagi provenienti dalla zona di esclusione di Chernobyl e da altre parti dell’Ucraina e della Bielorussia. I risultati hanno mostrato che i cani di Chernobyl presentano una maggiore diversità genetica rispetto a quelli di altre parti del mondo.

Questo può essere attribuito al fatto che i cani randagi di Chernobyl hanno avuto poche possibilità di riprodursi con altri cani, il che ha portato a una maggior diversità genetica nella loro popolazione. Inoltre, la presenza di radiazioni nella zona potrebbe aver causato mutazioni genetiche negli amici a quattro zampe. Tuttavia questo non è sempre un vantaggio, poiché, sebbene possa aumentare la resistenza a malattie specifiche, può anche aumentare il rischio di malattie genetiche ereditarie. Inoltre, i cani randagi di Chernobyl potrebbero avere difficoltà a riprodursi con altri cani provenienti da altre parti del mondo, il che potrebbe ulteriormente isolare la loro popolazione.

Il fatto che i cani randagi di Chernobyl siano geneticamente diversi potrebbe anche avere implicazioni per la fauna selvatica che vive nella zona di esclusione. Gli studi hanno mostrato che la fauna selvatica, come lupi, orsi e cervi, sta prosperando nella zona di esclusione grazie alla diminuzione della presenza umana. Tuttavia, se i cani randagi di Chernobyl continuano a riprodursi senza contatti con altri cani, potrebbero diventare una specie a sé stante, il che potrebbe avere conseguenze sulla catena alimentare e sull’ecosistema della zona di esclusione.

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