luce bluPerché la luce blu è così diffusa? La sua efficienza in termini di energia è molto elevata e il suo costo è molto basso. Nonostante questi due importanti elementi positivi, però, ce n’è uno che potrebbe rendere la luce blu un qualcosa di veramente molto pericoloso.

Infatti, secondo uno studio, la luce blu può causare dei seri danni alla salute, sia di esseri umani che di animali. Ciò perché sembra che riesca a rallentare la produzione della melatonina, l’ormone che regola il nostro sonno.

Questo studio proviene da un gruppo di scienziati dell’Università dell’Exeter. I suddetti hanno capito, tramite le immagini della Stazione Spaziale Internazionale, un cambiamento radicale nelle tecnologie di illuminazione notturne utilizzate nel Vecchio Continente.

 

 

Luce Blu led: i danni che può causare alla salute

I led con luce bianca stanno gradualmente sostituendo le luci arancioni, essendo che hanno una luce migliore e sono più efficienti. Tuttavia, i ricercatori hanno rilevato che questa luce blu ha degli impatti dal punto di vista biologico davvero devastanti.

Come scritto dal Guardian, tra le conseguenze peggiori c’è la capacità di sopprimere la produzione della melatonina, fondamentale per regolare il sonno negli esseri umani e animali. Inoltre, questa continua esposizione peggiora sensibilmente la qualità del sonno, portando ad altre spiacevoli condizioni di salute.

Italia, Romania, Spagna e Irlanda sono i Paesi più vulnerabili all’impatto della luce blu al led. Situazione migliore invece in Germania e Austria, che fanno ancora largo uso di lampadine fluorescenti per l’illuminazione notturna.

“Dovremmo considerare la luce da una prospettiva biologica più ampia rispetto a quella dei soli esseri umani per concentrarci su un’illuminazione di migliore qualità e armoniosa con il nostro mondo naturale. Una migliore qualità e livelli di illuminazione inferiori aiuterebbero a risparmiare energia e a ridurre i costi finanziari, rendendo anche il nostro ambiente più sicuro per gli invertebrati”, affermano i ricercatori dell’Università dell’Exeter.

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