Covid, arrivano i dati suoi nuovi vaccinati dal Gimbe: meno nuovi vaccini

I nuovi vaccinati risultano essere in calo rispetto alle altre settimane. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Gimbe, fino al 5 ottobre sarebbero state di meno le persone a vaccinarsi.

Nonostante 13,4 mln di dosi di vaccini anti-Covid in frigo, scende ancora il numero di nuovi vaccinati (-17%) e vanno a rilento le terze dosi, 2,4% su una platea di 7,6 mln di persone“. L’allarme arriva ancora una volta dalla Fondazione Gimbe, per quanto concerne la settimana che è andata dal 29 settembre-5 ottobre.

Questo è quanto dichiara alla stampa Nino Cartabellotta, il presidente della Fondazione Gimbe:

Ormai da 5 settimane consecutive afferma il dato nazionale mostra una discesa dei nuovi casi settimanali, anche se nell’ultima settimana, rispetto alla precedente, 5 Regioni registrano un incremento percentuale dei contagi“.

La priorità assoluta rimane quella di somministrare il ciclo completo a tutta la popolazione vaccinabile, in particolare agli over 50. Tuttavia, a fronte dei primi segnali di un lieve (ma costante) calo dell’efficacia vaccinale su ospedalizzazioni, terapie intensive e decessi, è necessaria una programmazione strategica per somministrare la dose di richiamo alla popolazione generale. Anche per evitare, dopo il via libera dell’Ema agli over 18, che le Regioni procedano in ordine sparso, senza seguire le priorità basate sul rischio individuale“.

 

Covid, Gimbe: c’è un piano pronto per la popolazione

Secondo quanto affermato dalla Fondazione bisognerebbe intraprendere delle azioni integrate che comportino l’accelerazione delle somministrazioni della terza dose a tutte le categorie che godono di priorità visto che ci sono tante dosi disponibili. Bisogna ampliare in maniera progressiva anche quella che è la platea di coloro che possono ricevere il vaccino iniziando con le fasce da 70 a 79 anni, 60 a 69 anni e da 50 a 59 anni.

Sarà necessario dunque “estendere l’obbligo della dose booster per gli operatori sanitari, al fine di garantire la sicurezza per i pazienti e ridurre il rischio di limitare l’erogazione di prestazioni sanitarie per patologie non Covid-19, visto che l’efficacia vaccinale sull’infezione da variante delta si attesta intorno al 67%

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