Una delle più grandi sfide per la medicina nella nostra epoca è senza alcun dubbio HIV, un virus patogeno per l’uomo responsabile dell’AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita, una patologia che porta nel tempo ad un lento e progressivo decadimento del sistema immunitario, esponendo chi ne è affetto alle infezioni opportunistiche, situazione che ne abbassa pesantemente l’aspettativa di vita.

Il patogeno per l’appunto è HIV (Human Immunodeficiency Virus), un retrovirus appartenente al genere dei lentivirus, esso infatti a seguito dell’esposizione impiega anche anni a manifestare i primi sintomi e risulta per la sua stessa natura difficile da trattare e rende complesso anche creare un vaccino, dal momento che tale virus è in grado di integrarsi sotto forma di DNA all’interno delle cellule diventando perciò invisibile (forma eclissata o latente).

I tentativi di produrre un vaccino sono stati vari durante la storia, solo che la totalità è purtroppo sfociata in un buco nell’acqua, basti pensare a quanto accaduto con i ricercatori del South African Medical Research Council, che sono stati costretti a bloccare lo studio clinico di Fase IIb/III HVTN 702 / Uhambo, in quanto il vaccino in fase di sperimentazione, (su 3.000 pazienti) non è stato in grado di prevenire l’infezione sessualmente trasmessa.

 

Un nuovo barlume di speranza da Oxford

Una nuova fonte di speranza arriva però dal Regno Unito, dove i ricercatori hanno mandato in sperimentazione un nuovo vaccino che sfrutta un concetto diverso dai classici che abbiamo già visto, i ricercatori dello Jenner Institute dell’Università di Oxford – coinvolti anche nella preparazione del vaccino anti Covid Vaxzevria di AstraZeneca, hanno iniettato in 13 volontari sani una dose di un nuovo vaccino sperimentale, si tratta di pazienti sani tra i 18 e i 65 anni con un basso rischio di contagio da HIV.

L’intento attuale non è però quello di verificare l’effettiva protezione dal virus, bensì la risposta dell’organismo al vaccino, l’immunogenicità, la tollerabilità e la sicurezza, il nome del siero è HIVconsvX mentre lo studio si intitola HIV-CORE 0052.

Solo negli studi di fase 2 e 3 il siero verrà sperimentato su migliaia e migliaia di pazienti, in zone del mondo dove effettivamente HIV assume caratteri pandemici come l’Africa.

Il vaccino sostanzialmente funziona sfruttando un meccanismo diverso da quello visto tradizionalmente che vedeva stimolare le cellule B a produrre anticorpi neutralizzanti, in questo caso infatti si punta fortissimo alla stimolazione dei linfociti T, i killers dell’organismo che vanno a caccia delle cellule già infette per eliminarle, in questo caso si sfrutta come proteina bersaglio un dominio altamente conservato in tutti i ceppi di HIV, in modo da rendere il vaccino universalmente efficace.

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