L’assegnazione del rigore che ha deciso la partita Inghilterra-Danimarca, disputatasi nella serata di ieri, sta facendo molto discutere in queste ore. Persino alcuni giocatori e commentatori della nazionale inglese si sono spinti a dire che il rigore risultava quantomeno dubbio, laddove diversi hanno affermato addirittura che fosse inesistente.

L’arbitro si è quindi rivelato estremamente generoso in questa circostanza, eppure gli errori di questo tipo dovrebbero essere ridotti dalla presenza del VAR (Video Assistant Referee), lo strumento che consente di rivedere le azioni attraverso i filmati ad altissima qualità registrati da diverse angolature.

Perché in questo caso il VAR non ha potuto contribuire a correggere l’iniziale decisione dell’arbitro?

VAR, quando la tecnologia lascia spazio all’interpretazione umana

Il VAR, sin dalla sua introduzione nel 2016, ha sempre costituito un mezzo aggiuntivo per verificare sul momento la correttezza di una decisione arbitrale.

Ad occuparsi di monitorare lo schermo sono due giudici di gara deputati alla consultazione del video (chiamati per questo VAR e AVAR, di cui il primo può essere un arbitro in attività o ritiratosi, e il secondo un assistente arbitro). VAR e AVAR svolgono un ruolo fondamentale nel giudicare correttamente un’azione che potrebbe essere sfuggita all’arbitro titolare o agli assistenti di linea.

D’altra parte, la decisione finale spetta comunque al giudice di gara che sta arbitrando la partita in campo, e la sua decisione è insindacabile.

Come nel caso della partita Belgio-Italia, conclusasi favorevolmente per la nazionale azzurra ma la cui vittoria era stata messa a rischio da un’analoga decisione arbitrale, il parere dell’arbitro si è dimostrato eccessivamente generoso, assegnando un rigore per fallo su Sterling che anche gli stessi inglesi hanno poi giudicato “eccessivo”.

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