In Italia, attualmente, il problema dell’evasione fiscale è ancora un tema estremamente attuale e sentito. Questo ha portato il Fisco, nel tempo, a cercare soluzioni sempre più adatte a combatterla, cercando di trovare gli strumenti congeniali per poter effettuare una serie di controlli mirati e più specifici.

Basti pensare che secondo una recente statistica, durante questa estate una casa vacanza su tre in Italia è stata affittata senza regolare contratto. Il che vuol dire senza pagare il corrispettivo in termini di tasse allo Stato, ed esponendo gli affittuari alla scarsità di garanzie che questo determina.

Questi tentativi, da qualche anno a questa parte, hanno portato alla creazione di uno strumento, inizialmente accolto con grande positività e ottimismo da parte di molti esperti. Lo strumenti in questione, chiamato Redditometro, era preposto a controllare le entrate e le uscite di ciascun contribuente nel tentativo di verificarne la corrispondenza in termini quantitativi. Ma a quanto sembra, non ha funzionato per come avrebbe dovuto.

Addio al Redditometro, esperimento fallito

Più si procedeva, più diveniva inevitabile accorgersi che questo algoritmo non era affatto efficace nel contrastare l’evasione fiscale. Implicava tempistiche molto lunghe e quindi un minor numero di contribuenti analizzati contemporaneamente.

Il Redditometro, infatti, andava a valutare che le uscite in termini di investimenti su beni molto costosi (acquisti di macchine o di case) fossero giustificati dalle entrate di ciascun contribuente. Qualora vi fosse stata una discrepanza superiore al 20%, si sarebbero effettuati controlli più approfonditi per rilevare eventuali illeciti.

L’algoritmo, dismesso a partire dall’approvazione del Decreto Dignità, non è stato attualmente ancora sostituito completamente dall’arrivo di un nuovo strumento di valutazione, ma gli esperti sono già incessantemente al lavoro per individuare la miglior strategia fiscale.

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