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L’evoluzione della tecnologia ha permesso alle autorità di sviluppare sistemi di monitoraggio che non rispettano i diritti dei prigionieri. Negli Stati Uniti, ad esempio, è stato rivelato che alcune prigioni stavano creando registrazioni audio dei prigionieri e delle loro conversazioni con l’esterno, senza permesso. Nel Regno Unito, l’implementazione di chip RFID nei detenuti è già stata presa in considerazione. Il South China Morning Post riporta che anche le autorità di Hong Kong utilizzano varie soluzioni tecnologiche per assistere nella sorveglianza.

Danny Woo Ying-min, responsabile dei servizi correzionali, spiega che l’obiettivo è quello di monitorare comportamenti anormali tra i detenuti, prevenire i danni autoinflitti e gestire le prigioni in modo più efficiente. Una delle misure è il mettere braccialetti simili ai fitness tracker che monitorano la posizione, l’attività e anche i segni vitali come il battito del cuore. D’altra parte, le soluzioni di videosorveglianza vengono utilizzate per rilevare comportamenti pericolosi o risse e robot per rilevare tracce di droghe nelle feci dei prigionieri. Ciascuno di questi robot costa 125.000 dollari.

 

Anche le prigioni, dunque, saranno “smart”?

Queste soluzioni sono state testate in una serie di strutture e non dovrebbe essere escluso che in futuro verrà creato un carcere sempre più “intelligente” e più efficiente, anche se potrebbe non rispettare i diritti dei prigionieri.

Ovviamente, questo provvedimento genererà non pochi dibattiti, portando con sé opinioni discordanti relative alla privacy della persona.

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