Ghost Recon: Wildlands
Ghost Recon: Wildlands, ultimo capitolo della saga di Tom Clancy, arriverà nei negozi dal prossimo 17 marzo.

Se è abbastanza noto che i videogames di stampo sparatutto-tattico stiano diventando sempre più strumenti di propaganda del complesso industriale militare, Ghost Recon Windlands si pone su un piano bellico ben preciso: quello della lotta al narcotraffico. È l’opera videoludica più grande basata su tale tema, dal momento in cui il Presidente Nixon, nel 1971, ne dichiarò l’inizio. Il gioco è ambientato in una Bolivia in balia del narcotraffico, controllato dal cartello di Santa Blanca. Nei panni di un membro delle forze speciali dell’esercito americano, paracadutato tra le incantevoli montagne e giungle del Sud America, avremo il compito di distruggere l’organizzazione. Il capo del cartello, El Sueno, è devoto a Santa Muerte, in veste di protettrice dei trafficanti di cocaina.

I responsabili del team di sviluppo, a seguito di alcune lamentele per la scelta del territorio come scenario di violenza e corruzione, hanno dovuto spiegare che la Bolivia è stata designata come mappa di gioco per i suoi stupendi paesaggi, e che Santa Muerte è in realtà molto più che un “narcosanto”. Inoltre, è piuttosto ovvio che il gioco sia stato pensato per fornire una versione più romanzata della lotta al narcotraffico, in modo da avvicinare i giovani al delicato argomento che riguarda, in effetti, il Messico e altre zone dell’America Latina.

In realtà, l’elemento paesaggistico è secondario. Ubisoft ha deciso di ambientare il suo nuovo titolo in Bolivia perché il paese ha abbandonato la Guerra alla Droga. Dal 2008, il presidente di sinistra Evo Morales si è rifiutato di collaborare con la DEA (Drug Enforcement Administration), per cui agli occhi degli esperti in fatto di strategia anti-droga di Washington, e della Ubisoft, la Bolivia si pone come preda facile dei cartelli della droga. Il governo boliviano ha presentato un reclamo ufficiale verso la Francia, per risolvere la questione in via diplomatica, per adesso, con il publisher. La vicenda, comunque, risulta più come della pubblicità gratuita per Ghost Recon Windlands che come un pericolo vero e proprio. Senza dubbio, è difficile pensare che possa esserci qualche giocatore d’accordo con le accuse mosse a Ubisoft (che non sia, forse, boliviano).

Nel gioco, il leader del culto di Santa Muerte è un personaggio chiamato El Cardenal, un prete cattolico decaduto, liberamente ispirato alla figura realmente esistita di David Romo, autoproclamato Arcivescovo del culto di Santa Muerte: Romo fondò nel 2003 la prima chiesa dedicata a Santa Muerte formalmente riconosciuta, nella città di Mexico City. Il suo status fu annullato dopo due anni di pressioni da parte della Chiesa Cattolica. Romo fu arrestato e condannato nel 2011, per aver preso parte a un sequestro di persona, e ora sta scontando una condanna a 66 anni di carcere.

Ulteriore personaggio del gioco in uscita di Ubisoft è El Pozolero. Santiago Meza Lopez è stato un killer del cartello di Tijuana, che pare abbiano dissolto più di 300 avversari nell’acido. Le donne, però, Meza Lopez preferiva eliminarle in modi più cavallereschi.

Santa Muerte ha in realtà un folto seguito tra vari livelli della giurisdizione messicana, soprattutto tra gli agenti semplici, ogni giorno alle prese con guerra alla droga. Quindi, Santa Muerte ha di fatto il controllo nella guerra alla droga, fornendo protezione sia ai sicari dei cartelli, che agli agenti di polizia. Questa realtà, naturalmente, è occultata in Ghost Recon Wildlands dove la santa della morte è sostanzialmente simbolo del male, protettrice dei membri del cartello di Santa Blanca. In breve, denunciando sia la Bolivia che Santa Muerte e trasformando i giocatori in membri delle Forze Speciali, Ghost Recon Wildlands si rivela un forte mezzo per proseguire, in un certo senso, la costante guerra contro la droga.

FONTEThe Huffington Post
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