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Apple vs Fbi: pareri contrastanti nella lotta al terrorismo

Ancora sul caso Apple. Quest’ultima, infatti, sostiene convinta la sua posizione contro la richiesta dell’FBI di collaborare nello sbloccare l’iPhone per fare luce e chiarezza sul killer che ha commesso la strage di San Bernardino, in California. E, sul caso, oggi si schiera anche l’Onu.

Il vaso di Pandora

In questo modo è stato definito l’affaire Apple. Costringere l’azienda a sbloccare l’iPhone di uno degli autori della strage di San Bernardino, infatti, rischia di aprire un “vaso di Pandora“. È quanto affermato dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein. Dunque, l’ordinanza avanzata dall’Fbi potrebbe costituire un serio precedente che andrebbe ad incidere imprescindibilmente su una questione di vasta portata, quella dei diritti umani. “Per risolvere un problema legato alla sicurezza che riguarda un caso di decrittazione, le autorità rischiano di aprire un vaso di Pandora, che potrebbe avere implicazioni molto negative per i diritti umani di molti milioni di persone, inclusa la loro sicurezza fisica e finanziaria“. È quanto si legge in un comunicato dell’Alto commissario Onu.

Oltre ai professori di diritto e ad altre varie associazioni, la casa di Cupertino ha anche ricevuto il sostegno di diverse aziende, quali Amazon, Cisco e Dropbox, Evernote e Facebook, Google, Microsoft, Mozilla. Ma nella lista si annoverano anche Nest, Pinterest, Slack, Snapchat, WhatsApp, e Yahoo, così come Intel e AT&T, e tanti altri ancora.

Google ha detto di aver firmato un rapporto presso il tribunale federale degli Stati Uniti, insieme ad una serie di altre aziende tecnologiche, nell’intento di esprimere preoccupazione per l’uso di uno statuto risalente al 18esimo secolo, il cosiddetto All Writs Act, con il quale si richiede alle società di reimpostare importanti funzioni di sicurezza atte a proteggere le persone ed i loro dati.

Sempre il gigante di Mountain View ha confermato di voler sostenere gli obiettivi del governo nel tentativo di contrastare atti terroristici e criminali. Tuttavia, non ritiene giusto che il governo debba essere in grado di utilizzare suddetto statuto per costringere le aziende private a compromettere attivamente le proprie caratteristiche di sicurezza che fanno parte integrante dei loro prodotti. “Un brutto precedente, questo, che potrebbe permettere i governi ad incidere attivamente sulle aziende per l’accesso ai nostri telefoni, ai computer, i software e le reti“, hanno dichiarato alcuni portavoce di Google.

Il governo, quindi, starebbe usando una legge o uno statuto creato con le logiche di 230 anni fa e utilizzato oggi per decriptare un dispositivo. La dichiarazione congiunta ha richiesto che il governo si impegni essenzialmente a riscrivere le leggi, senza coinvolgersi nel dibattito pubblico.

Il braccio di ferro tra Apple e Fbi, quindi, non dà segni di allentamento. Una diatriba che vede ben distinte due fazioni: da una parte l’Fbi, coinvolta nella lotta al terrorismo, e sempre più decisa a costringere la mela di Tim Cook a sbloccare un iPhone. Per tutta risposta, il Ceo di Cupertino ha dichiarato che la decrittazione sarebbe “un male per l’America, sarebbe creare un precedente“. Per questi, infatti, determinante è la sicurezza delle persone e dei bambini. Ma altrettanto importante è la protezione dei dati delle persone. Per tale ragione, si rende disponibile ad un dialogo con il presidente americano Barack Obama. Che potrebbe rivelarsi risolutivo.

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