rifiuti elettronici
rifiuti elettronici

Lo smartphone del futuro si autodistruggerà. E lo farà quando sarà al termine del suo ciclo di vita. E’ la proposta di un team di ricercatori dell’Università dell’Illinois che ha realizzato una serie di circuiti elettronici in grado di autodistruggersi in modo tale da ridurre l’inquinamento provocato dai rifiuti elettronici.

Probabilmente, l’idea nasce in seguito alla pubblicazione del rapporto dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite, riguardante l’ambiente e, appunto, i rifiuti elettronici. Proprio qui si evidenzia come lo scorso anno siano stati prodotti 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, i cosiddetti e-waste. Con questa espressione ci si riferisce, in genere, a smartphone, tablet, computer e tutti gli dispositivi elettronici in genere. Un dato non troppo confortante, soprattutto se rapportato al lungo termine. Pare, infatti, che entro il 2018 le cose siano destinate a peggiorare. Potrebbero diventare 50 milioni le tonnellate di rifiuti elettronici.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Advanced Material, vorrebbe rappresentare una voce ulteriore rispetto agli sforzi già effettuati finora per ridurre l’inquinamento elettronico e migliorare la produzione dei dispositivi. Tuttavia, sempre secondo i dati forniti dall’Onu, solo tra il 10 e il 40 per cento delle tonnellate prodotte è stato riciclato e gestito in modo corretto. La restante parte di rifiuti elettronici, purtroppo, vengono negoziati illegalmente e ciò implica una conseguente riduzione della crescita di un settore che potrebbe raggiungere un valore annuo pari a 410 miliardi di dollari.

Per questo motivo i ricercatori americani hanno cercato di sviluppare dei dispositivi in grado di autodistruggersi. Come? Magari mediante segnali radio, dissolvimento in acqua e calore come possibili input. E’ grazie a questi espedienti che si sostiene come tali materiali possano essere riciclati con più facilità. I circuiti elettronici di tali dispositivi, quindi, dovranno dissolversi al termine del loro ciclo vitale.

VIAnews.illinois.edu
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