La differenza tra capitale di rischio e startup si è sempre più assottigliata in questi anni, e la prova vivente di ciò è Xiaomi. Come più volte vi abbiamo spiegato, l’azienda sta preparando un’offerta pubblica da 10 miliardi di dollari, così da entrare nel mercato dei capitali di Hong Kong e avere maggiori risorse in virtù del suo sbarco ufficiale in Europa.

Quando il brand nacque, circa 56 impiegati decisero di investire nella loro azienda – anche per permetterne la sopravvivenza. A confermare quanto fin’ora affermato è lo stesso CEO Lei Jun, il quale aggiunge che, se non fosse stato per questi ”coraggiosi dipendenti”, probabilmente Xiaomi non ce l’avrebbe fatta. Con l’ingresso in borsa, le quotazioni dei suddetti dipendenti potrebbero arrivare a valere circa 1 – 3 miliardi di dollari: un ritorno di circa 100 volte.

 

A far grande Xiaomi furono i suoi dipendenti

In occasione di una intervista, lo stesso CEO ammise di dover permettere l’ingresso nella società a tutti gli investitori che fossero interessati, nell’ottica di aumentare il capitale per poter cominciare a produrre le prime unità di smartphone. L’investimento, nel 2010, fu pari a circa 40.000 euro.

I primi dipendenti Xiaomi hanno sicuramente visto i loro investimenti ripagati. Il valore aggiunto di questa società è il grande ecosistema che è stato costruito attorno ai suoi smartphone, e che comprende computer, TV, dispositivi indossabili, cuffie e persino un kit di costruzione di robot giocattolo. Ed è stato lo stesso brand ad ammettere che sui dispositivi mobile il margine di guadagno è pari a circa il 5%; in tal senso, il settore che rappresenta la maggior parte delle entrate è quello dei servizi.

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