Non è la prima volta che si sente parlare di schermi autoriparanti. In alcuni casi, si trattava solo di fantasie, mentre in altri questa tecnologia era stata presa sul serio. Adesso, dopo una scoperta fatta all’università di Tokyo, sembrerebbe esserci qualche speranza in più.

Il polimero autoriparante

Uno studente, come accade per le migliori scoperte, per sbaglio ne ha fatta una del tutto inaspettata. Mentre stava cercando di trasformare una sostanza in colla, ha assistito al polimero ripararsi da solo dopo un taglio. I due lembi si erano riattaccati da soli non lasciando segni.

Il nome non è dei più semplici: “Polyether-thioureas“. Si tratta di un innovazione senza precedenti nel campo. Esistono altri tipi di schermi autoriparanti, ma questo è l’unico che non ha bisogno di calore per il suo scopo. A quanto pare basterebbe una pressione nell’aria danneggiata per “stimolare” la riparazione.

Rimane da capire solo una cosa prima di poter pensare effettivamente all’applicazione di questo polimero sugli schermi di smartphone e tablet. Bisogna vedere se il nuovo materiale sarebbe in grado di condurre l’elettricità. È importante visto la sempre più efficace presenza di elettrodi sotto gli schermi, come quelli che tracciano il tocco.

Questa caratteristica è la principale della mancata implementazione sullo schermo del LG G Flex 2. Uno dei pochi che ha preso sul serio la tecnologia dei materiali riparanti, ma che ha potuto usufruirne solo sul case e non sul display per appunto la mancanza di elettroconduttività.

Poco più di un anno e mezzo fa in California era stata fatta un’altra scoperta interessante sull’argomento. Avevano scoperto un altro polimero in grado di essere allungato 50 volte la sua dimensione originale e che poteva ricucirsi entro un giorno.

Allora era stato promesso che entro 3 anni avremmo potuto vedere questi materiali sui nostri smartphone, quindi non ci resta che aspettare fiduciosi.

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