I robot ruberanno il lavoro agli umani, secondo il Mit in modo inferiore nelle metropoli

Si sa, ormai la tecnologia ha fatto passi da giganti in tutte le direzioni rendendo all’atto pratico molte cose più semplici, ma come è sempre stato, e sempre sarà, facendo sorgere dubbi su a cosa tutto questo porterà.

Si può tranquillamente affermare di essere nell’era della robotica visto l’evoluzione e l’innovazione avvenute in questi particolari campi. Tra la creazione di intelligenze artificiali, in grado in apprendere autonomamente, e il perfezionamento  di robot in grado di muoversi per lo spazio senza essere controllati da un operatore, il pericolo di una sempre maggiore sostituzione dell’uomo nel processo lavorativo è concreto. Proprio in vista di questo scenario un gruppo di ricercatori del MediaLab del MIT (Massachusetts Institute of Technology) ha effettuato uno studio su come questo fenomeno impatterà negli Stati Uniti.

Lo studio ha analizzato i tipi di lavoro presenti in determinate aree, il livello di automazione presente nei campi lavorativi di queste e che genere di abilità viene richiesto. È ovvio che un lavoro in cui si deve star seduti e ripetere un azione più e più volte risulterà più semplice da sostituire, come già succede dagli anni settanta nelle fabbriche con l’introduzione di macchinari come i bracci meccanici; mentre i lavori creativi, o quelli in cui risulta una forte componente di casualità, già risulta più complicato.

Secondo il MIT nelle metropoli c’è un rischio minore in quanto sono dei luoghi in cui sono presenti più figure professionali con competenze specialistiche. Nei centri più piccoli invece, essendoci più lavori che richiedono competenze minori o lavori routinari, nel futuro ci sarà un maggior livello di sostituzione.

Nello studio si parla anche di come all’intero dei grandi centri ci sia l’abitudine ad essere meno pigri, vuoi per la paura di essere lasciati indietro o per ambizione, e di come sia presente una maggior sinergia tra le varie figure personali.

Ovviamente non tutti i piccoli centri sono soggetti a questo pericolo. Nello studio si fa riferimento a tre cittadine con una popolazione minore di 75mila abitanti, ma ospitando luoghi con la forte presenza di lavoratori altamente qualificati, come una base militare o un’università, non corrono un rischio elevato.

Per i ricercatori l’obiettivo di questo studio non era di creare una previsione, ma piuttosto di far capire al mondo politico che il futuro punta in quella direzione e che ci sarà bisogno di una risposta adeguata.

Nel 2015 l’università di Oxford aveva fatto una lavoro simile. Dopo aver analizzato il mondo del lavoro britannico, usando pressoché gli stessi parametri, ha creato un database che a seconda del lavoro svolto offre una previsione di quanto sarà probabile che tale mansione verrà “robotizzata”.

Questa è la “naturale” evoluzione. È sempre stato così. La tecnologia facilitando il lavoro ha portato alla scomparsa di determinate figure lavorative. Un esempio banale. Nel medioevo per copiare un libro si trascriveva a mano, compito svolto dagli amanuensi in un arco di tempo molto vasto e con il rischio elevato di errore. Nel 1455 con l’introduzione della stampa a caratteri mobile da parte di Gutenberg la tempistica per la copia di una libro si è ridotta drasticamente così come il rischio di errore. Adesso invece con un semplice tasto, e a volte neanche, abbiamo strumenti che stampano pagine in pochissimi secondi.

Questo futuro potrebbe spaventare molte persone, ma con una presa di coscienza collettiva del fenomeno per riuscire a sostenere chi perderà il lavoro a causa dell’automazione.

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