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Facebook Live rischia di mettere in guai seri chi guarda la video-diretta di chi compie un reato

Facebook Live ha rivoluzionato e sta ancora rivoluzionando le nostre vite di tutti i giorni. L’innovativa funzionalità introdotta dal colosso di Mark Zuckerberg, però, sembra essere stata utilizzata più volte per testimoniare fatti tutt’altro che leciti. Ma cosa rischia chi assiste alla diretta-video di chi sta compiendo un reato? Scopriamolo insieme.

Negli scorsi mesi vi abbiamo narrato più volte di episodi singolari e macabri, in cui delinquenti o semplici soggetti desiderosi di attenzione hanno usufruito della funzionalità “Live” di Facebook per poter mostrare al mondo intero le loro “bravate” ed i loro comportamenti più loschi. Tuttavia, quest’oggi siamo costretti a ripeterci perché la polizia di Chicago ha informato i media circa l’ennesimo episodio di “stupro virtuale” verificatosi in città.

Facebook Live, cosa rischia chi guarda in diretta il video di uno stupro o di qualsiasi altro reato?

Il caso su citato ha visto come sfortunata protagonista una giovane ragazza statunitense di 15 anni, oltre che naturalmente i 40 spettatori virtuali della diretta video. La normativa internazionale specifica in materia non è ancora ben delineata. Ciò nonostante, però, questo non significa che non vi siano gli estremi di un reato per chi guarda questo tipo di trasmissioni in diretta.

Più nello specifico, secondo la legge italiana, il pubblico della diretta potrebbe incorrere in guai seri, se non avvertisse tempestivamente (secondo criteri di normale diligenza, cosiddetta “diligenza del buon padre di famiglia”) le autorità pubbliche. Nei casi più gravi, se accertate le colpe dello spettatore, si potrebbe perfino giungere ad un’accusa di omissione di soccorso o addirittura di favoreggiamento. Neanche a dirlo, i reati su citati sono punibili penalmente con una pena che varia dai 6 mesi ad un anno di prigione ed un’ammenda fino a 2.500€, nel primo caso; e reclusione fino a 4 anni e fino a 516€ di ammenda, nel secondo caso. Il non assistere una persona in pericolo, dunque, costituisce a tutti gli effetti reato, anche qualora si sia venuti a conoscenza dello stesso mediante canali social/virtuali.

Facebook ha, inoltre, pubblicato un’apposita guida destinata alle “autorità giudiziarie e di polizia” che necessitano di informazioni riservate o altro genere di dati per far fronte alle proprie indagini. Il nostro consiglio, dunque, nella vita reale così come in quella digitale, è quello di non favorire, incitare o mostrare apprezzamenti per qualsivoglia genere di “stranezza” ai limiti della legge morale e civile pubblicata dalle nostre “amicizie” sui vari social network, ma di seguire i principi di condotta individuati dal diritto romano nel cosiddetto “buon padre di famiglia”.

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