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Inquinamento e Alzheimer: quale il legame?

I rifiuti tossici e l’inquinamento da traffico possono letteralmente raggiungere il cervello e nuocerlo. Almeno questo trapela dalle prove presentate in uno studio di campioni di tessuto cerebrale. I ricercatori dell’Università di Lancaster, in Inghilterra, hanno scoperto che le particelle metalliche che scorrono dai gas di scarico si introducono attraverso il naso e “viaggiano” fino a raggiungere il cervello umano.

Una volta lì, gli scienziati suggeriscono che questi possono causare danni all’organo e contribuire, per esempio, all’incedere del morbo di Alzheimer. La scoperta, dicono i ricercatori, propone una nuova serie di domande riguardo i rischi che l’inquinamento ambientale può causare sulla salute.

Sebbene rimanga ancora sconosciuto il legame con la malattia neurologica, lo studio della Lancaster University mette in evidenza “la presenza di nanoparticelle magnetite nel tessuto cerebrale umano“. I risultati, pubblicati su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), suggeriscono che le “particelle di dimensioni inferiori a 200 nanometri sono abbastanza piccole da entrare nel cervello attraverso il nervo olfattivo“. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori guidati da Barbara Maher hanno analizzato campioni di tessuto cerebrale di 37 persone morte.

Tra queste, 29 avevano un’età tra i 3 e gli 85 anni e risiedevano a Città del Messico, dove sono elevati i tassi di inquinamento. Mentre gli altri 8 anziani risiedevano nella città inglese di Manchester, affetti da diversi livelli di malattie neurodegenerative.

Secondo gli autori dello studio, le particelle trovate sono simili alle “nanosfere” del campo magnetico dell’ossido di ferro e vengono rilasciate da un abbondante inquinamento atmosferico urbano risultante dalla combustione o dall’attrito. La loro presenza nel cervello sarebbe particolarmente tossica, anche se resta ancora molto da esaminare prima di poter concludere che siano anche all’origine o svolgano un ruolo nel formarsi del morbo di Alzheimer.

Le possibili spiegazioni “non ci sono, non abbiamo ancora abbastanza conoscenza per determinare se questa fonte esterna di magnetite da inquinamento ambientale sia un fattore nella malattia“, ha detto Joanna Collingwood, dell’Università di Warwick.

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